Vado via

Eccomi qui, pronta a tenere il discorso conclusivo della mia carriera.

Ma prima di tutto lasciatemi salutare tutto il mio mondo, racchiuso in questa sala: ci siete proprio tutti, autorità civili e religiose, docenti, in servizio ed in pensione, personale dell’Ufficio in servizio ed in pensione, collaboratori scolastici,  il Consiglio d’Istituto, gli alunni, insieme ai loro genitori,  solo virtualmente  perché li ho già salutati,  Angelo Marcucci, il mio Dirigente dell’USP di BN,  una buona parte di colleghi- quelli a me più cari-  i  rappresentanti di associazioni che hanno collaborato con la scuola in tutti questi anni. E non poteva mancare la mia famiglia. Vi ringrazio tutti per aver accettato di essere qui con me, questa sera.

Dicevo, sono qui, con il mio discorso tra le mani. Devo dire che ho immaginato a lungo questo momento. Mi sono chiesta: cosa dire?   In fondo per coloro che vanno in pensione viene usato sempre lo stesso  stereotipato rituale, fatto di ringraziamenti ( e questo è già accaduto, come avete visto!), poi ripercorrere le tappe più significative del proprio lavoro, ancora  la promessa e l’impegno- sempre disattesi- di continuare a frequentarsi per mettere a disposizione il proprio bagaglio di esperienze ed infine, tra un sorriso ed una lacrima, i saluti.

Potrei discostarmi da tutto ciò?

Ci provo, ma non sono sicura di riuscirci. Allora, dicevamo..il discorso. Eccolo qui. Sono circa 70 pagine. So che siete nel panico,  ma state tranquilli. Non lo leggo. Ho pensato bene di regalarvelo, alla fine della serata, al momento dei saluti.

Vi dico  anche che  potrete farne l’uso che volete, mettendo in moto la vostra creatività. Magari avrete un tavolo zoppicante, un posto libero in un cassetto o l’impellenza di incartare originalmente un regalo. Se proprio vi andrà di leggerlo, anche solo per curiosità,    in relax sotto l’ombrellone o su una sdraio, come si fa con un libro vero, non alzate troppo le vostre pretese, perché potrebbe assalirvi la delusione.

Ho provato a raccontare una storia qualsiasi, di una persona qualsiasi, che ha attraversato molto del suo tempo nella scuola. Piccole riflessioni, con la voglia di far percepire quella che ero e che sono diventata.

Anche riproponendo alcuni scritti, che molti dei miei docenti hanno già letto, forse distrattamente, presi dalle tante incombenze scolastiche, qualcun altro li avrà piegati e mai più ritrovati in un libro, in una guida didattica, in una rubrica.

E’ una raccolta che racconta un po’ di storia vissuta. Niente di più.

Cominciata qui 14 anni fa. E’ solo un caso che i bambini nati in quel mio primo anno di dirigenza, stiano affrontando l’esame di stato e si licenziano. Andiamo via insieme.

Giorgio Nardone e Peppino Soricelli sono le prime persone  che ho incontrato arrivando qui. Qualche giorno prima  avevo salutato  Massimiliano Lombardi con Rossella Viglione, la sua collaboratrice; Aurelia,  la DSGA, Bruno, Ida e Maria Pia assistenti amministrativi dell’Ufficio, imbarazzati quanto e più di me, e ancor prima, telefonicamente, Clara Coletti e Achille Mottola, che mi chiese la prima dichiarazione alla stampa.

Un approdo in un porto sicuro, quello di San Giorgio del Sannio, dopo ampio girovagare tra province di  Regioni diverse. Ne sanno qualcosa i dirigenti che ho voluto accanto a me questa sera: una piccola ma per me importante rappresentanza di una categoria, quella dei dirigenti scolastici, che vive da tempo una stagione professionale oserei dire tormentata. Con Ernestina, Anna, Maria Luisa, Elena, Caterina, Giovanna ho vissuto la stagione frenetica della preparazione al concorso, quando ho conosciuto Salvatore, figlio del mitico ispettore Guido Rampone,  già direttore didattico di questa Istituzione,  ma soprattutto l’assegnazione di sedi in terre lontane. Non c’è stato posto nel 1996,  per noi nella provincia di Benevento, siamo tutte state costrette ad emigrare, per ritornarvi dopo qualche anno , forti di  un bagaglio di esperienza, che abbiamo potuto spendere   nella nostra terra.

Con Teresa ho condiviso un anno di viaggio. Andare a San Bartolomeo in Galdo è una tappa obbligata, il dazio che bisogna pagare per rientrare in provincia. E’ stato così che, ripartendo in due  il carico di disagio, abbiamo affrontato la traversata da novelle pionere, percorrendo sentieri sempre nuovi ed inesplorati nel tentativo illusorio di accorciare distanze.

Poi, una possibilità nuova, con il pensionamento di tanti colleghi della vecchia guardia, quelli  che  addirittura avevano chiesto ed ottenuto la proroga, prerogativa vietata alle nuove generazioni, costrette a lavorare ben oltre questa età e ben oltre la propria volontà. Un mondo sconosciuto, ma molto attraente, mi attendeva, come lessi informandomi sulla rete. San Giorgio del Sannio: il paese dei fiori e della cortesia.  Amo entrambi.

Coltivare piante e fiori è  il mio hobby preferito e, inoltre,  mi riesce naturale essere cortese.  Ho sempre pensato che siano fondamentali  il  saper ascoltare e l’ essere capaci di andare oltre noi stessi per  entrare in empatia con l’altro. La mia professione  mi stava facendo scoprire quanto queste  qualità  fossero essenziali  nel lavoro, perchè  facilitatrici di  relazioni e di collaborazioni.

Non mi potevo sbagliare: questo sarebbe stato il posto giusto per lavorare. Scelto non solo da me, ma da mio marito, che ringrazio per avermi   sempre saputo consigliare meravigliosamente.

Mi sono sentita subito a casa, nonostante di San Giorgio molti dicessero: E’ un ambiente difficile! Attenta a come ti muovi!

Certo, all’inizio,  arrivare la mattina e trovare crogiuoli di mamme confabulanti sulle scale, che chiedevano udienza,  mi metteva una certa ansia. –E che sarà successo?

Spesso chiedevano solo di essere ascoltate!

Problemi a volte reali, altre volte no, ma io le facevo parlare, perché faceva bene a loro ed a me, che avevo bisogno di conoscere il loro modo di pensare la scuola. E’ stato faticoso, ma sono riuscita subito ad entrare in sintonia con tutti.  Con la cortesia e l’ascolto. E mentre cresceva la fiducia, grazie agli impegni assunti e rispettati, diminuivano  i ricevimenti.

Ripenso al primo collegio dei docenti. A Ginestra, per i lavori in corso nel plesso Capoluogo,  il 2 settembre 2002. Il cuore a mille, tanto è vero che con l’età  ha cominciato anche a fibrillare sul serio, i docenti attenti ad ascoltare  il discorso di apertura (chi vuole può ritrovarlo nel libro!) e poi l’applauso. Al termine, saluti e complimenti e Tittina Barile ebbe a dire a sua sorella Elvira: Con questo sorriso, ci farà fare tutto quello che vorrà!!!

Non so se si trattasse di un  complimento!  Oggi so di  aver realizzato quello che avevo dichiarato, allora. Ho la speranza di aver condiviso con gli altri questa mia idea di scuola inclusiva, partecipata, nel pieno rispetto di uno dei  principi educativi più importanti: dare protagonismo e rispetto a tutti, adulti e bambini.

Comincia così il lavoro a San Giorgio, in una stanza spartana, il cui grigio alle pareti  mi opprime.  Penso che anche la forma sia sostanza, che  sia necessario un tocco di colore,  ma c’è molto altro di più importante da fare, prima. Soprattutto osservare e conoscere.  Il cambiamento è una porta che si apre dall’interno, diceva non so chi. Sono io il cambiamento.

L’incontro con Orietta Fantechi, assessore all’istruzione e collega, è risolutivo. Sottoscrivo una convenzione con l’Amministrazione comunale di San Giorgio, ricevendo piena fiducia dal Sindaco Giorgio Nardone. Se riuscirò a tenere sotto controllo la spesa per la manutenzione degli edifici, potrò tenere i risparmi del budget concordato. Così accade e comincio a rinnovare gli arredi: armadietti per gli alunni, nuovi arredi per l’ufficio amministrativo. Cedo la mia stanza, ne prendo una più piccola, scoprendo che è la più fredda dell’ala. Ecco scoperto l’arcano. Massimiliano sapeva. In fondo è stato lì 27 anni. Un motivo doveva esserci, se aveva scelto quella.

Ma va bene così.  Al fresco le idee funzionano meglio!

La stanza nel tempo  si colora di verde, il colore di chi ripone  speranza nel futuro. Le pareti si arricchiscono  di dediche, poesie, premi e riconoscimenti, di quadri e di stampe. E’ il lavoro testimoniato. E’ un imprinting difficile da cancellare. Documenti che appartengono a me, ma anche a tutti gli altri, a coloro che  mi hanno accompagnato nel percorso.

Una costante sicura è stata la mia amata Aurelia. Dire DSGA significherebbe cancellare la sua identità, donna  minuta e volitiva, una professionista dalle qualità più uniche che rare!

I suoi occhi vispi, il nero corvino dei suoi capelli rivelano la tipica bellezza mediterranea, armonica nell’aspetto e, soprattutto, nel carattere. E’ stata subito intesa perfetta. Non oso dire, amore a prima vista, perché non vorrei essere fraintesa! Ma se ho messo radici a San Giorgio, in parte è anche merito suo. Rispetto, cortesia, buona educazione, sensibilità e tanta, tanta dedizione per un lavoro che potrebbe apparire arido, ma che  lei   trasforma in vita. Quante volte l’ho osservata, anche senza che lei mi vedesse! Le carte sono il suo alimento, sembra quasi che le  parlino e riesce a trasformarle- in un baleno- in pagamenti  e  reversali, conti perfetti che fanno funzionare in modo mirabile la scuola. Organizzatrice instancabile, quando non usa la calcolatrice per far quadrare i conti o la rete intranet per ulteriori incombenze contabili, la ritrovi  al telefono a risolvere problemi di ogni portata. Non l’ho vista mai con le mani in mano: sempre rigorosa e precisa, ordinata e  seria, anche ora che  le vessazioni burocratiche hanno raggiunto il massimo livello. Ed io sempre al suo fianco. Rassicurata dalla mia presenza, anche se non ce n’è mai stato  bisogno.  Aurelia, dal sorriso semplice e chiaro come acqua di fonte, è una roccia, in realtà, come quelle montagne che circondano la sua casa a Cautano. E sarà il punto fermo del cambiamento che verrà.

E come non ricordare tutti i miei collaboratori, tutti insostituibili nella loro certosina quotidiana azione organizzativa: Responsabili di plesso, Funzioni- Strumentali, Coordinatori, Responsabili di Progetti e molto altro ancora. Cosa sarebbero i dirigenti scolastici senza di loro! Aria vitale per la sopravvivenza del sistema formativo. Instancabili  organizzatori di efficienza. Un lavoro immane, se sommato alla fatica dell’insegnare.

Grazie a te Emilia, emblema di pura dedizione alla scuola! Grazie a te, Vittorio, ultimo arrivato, ma altrettanto prezioso, dopo che  il dimensionamento, pur tra mille peripezie a cui mi ha sottoposto e di cui ho scritto in altri momenti per dare un senso a ciò che un senso non aveva- uno sradicamento a giorni alterni perpetrato ingiustamente, ha dato vita ad una istituzione che è tra le più grandi della provincia. Un bel tirocinio che sta producendo ottimi risultati riguardo alla continuità di lavoro per i docenti e  di studio per gli alunni.

Ho avuto la fortuna di essere accompagnata, in tutti questi anni, da un Consiglio d’Istituto che chiamare collaborativo è dire poco. Nessuna conflittualità, nessuno scontro, giammai. Solo la voglia di far funzionare al meglio la Scuola. Come dimenticare le chiacchierate informali dopo la discussione all’ordine del giorno, con la consapevolezza di aver  preso le decisioni migliori, tutte condivise con onestà e saggezza, per il bene comune.

Non posso tralasciare di accennare ai tantissimi Progetti realizzati in collaborazione con le Associazioni del territorio del Medio Calore, in primis Scuole Aperte, ma anche il Teatro Eidos e il Progetto Sezione Primavera, che mi auguro possa ripartire, dopo un anno di stasi.  Sono tutti  fiori all’occhiello della Scuola, così  come l’Indirizzo Musicale della Scuola Primaria e lo Strumento Musicale nella Scuola Secondaria di Primo Grado che, insieme al Coro Unicef Si Fa Musica, testimoniano la vocazione musicale dell’intera comunità scolastica.

E’ con profonda serenità d’animo che mi accingo a consegnare alle responsabilità di altri un così oneroso, ma entusiasmante impegno.

Ho vissuto nel contesto scolastico pressocchè da sempre, prima da alunna, poi da docente, infine da dirigente scolastico per  oltre mezzo secolo. E questo non può essere un distacco indolore.

Sono consapevole di aver posto in essere tutto quanto la mia etica professionale richiedeva per affermare una scuola intesa come comunità educante, consapevole di coniugare la sfida di rendere operante l’esercizio del diritto-dovere all’istruzione ed all’educazione sancito costituzionalmente, col criterio di una scuola partecipata, con forti legami di appartenenza e di condivisione di relazioni, radicata nei valori civili ed aperta al sociale.

La scuola che avevo in mente  e che ho cercato di affermare, a volte riuscendovi, altre volte no, è quella che consegno a tutti voi, una scuola afflitta sì da innumerevoli contraddizioni e da mali atavici, ma soprattutto da una straordinaria forza vitale e propulsiva, che da sola riesce a rendere esaltante anche il compito più gravoso ed estenuante, quale quello di dirigerla.

Mi riferisco agli alunni che la frequentano, fiduciosi di accrescere e valorizzare il loro capitale umano, di diventare portatori sani  di cultura, coscienti del proprio progetto di vita e della propria storia, della realtà in cui operano, delle forze di cui   dispongono.

Mi riferisco ai docenti che la frequentano consapevoli di svolgere un compito difficile ed unico, per il quale non sono mai sufficientemente bastevoli preparazione professionale, disponibilità, impegno, collaborazione, capacità propositive e progettuali.

Mi riferisco al personale amministrativo che la fa funzionare a livello contabile.

Mi riferisco ai genitori che ci affidano fiduciosi i loro figli.

Ho lavorato con onestà, lealtà, spirito di servizio e sacrificio, sempre in buona fede ed in piena trasparenza, con un profondo senso dello Stato e con altrettanta ferma convinzione dell’ importante missione educativa che ero impegnata a realizzare.

Mi sono sentita circondata sempre da  ottimi compagni di viaggio, sia nella scuola che fuori di essa. Con tutti ho lavorato in piena sintonia, nella consapevolezza dell’insostituibile funzione sociale e civile che  la scuola è chiamata a svolgere in un concreto clima di sana  e partecipata convivenza,  in grado di giocare un ruolo imprescindibile nella costruzione della cultura della cittadinanza attiva,  della cooperazione e della legalità.

L’agire comune  ha  reso possibile che tutti gli attori potessero fare “sistema” nel territorio, entro cui si muovono  da protagonisti gli studenti ed i cittadini,  con i loro bisogni, le loro esigenze, le loro attese per una migliore qualità della vita.

I risultati conseguiti non spetta a me giudicarli. Posso solo affermare che ce l’ho messa tutta per migliorare la scuola, per fare in modo da non essere mai sopraffatta dalla burocrazia, vissuta come norma da far rispettare, ma soprattutto come attività funzionale al soddisfacimento delle esigenze dei singoli e della comunità, con uno sguardo benevolo e sempre attento alla persona, che merita innanzitutto rispetto, a qualsiasi età.

Chiudo questo mio intervento rivolgendo un sentito GRAZIE  a tutti voi.

San Giorgio del Sannio, lì 23 giugno 2016

invito

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