Scuola e territorio: dalla difficile alla possibile convivenza

Dopo aver seguito con attenzione ed interesse le argomentazioni dei relatori, vorrei portare il mio personale contributo al dibattito avviato quest’oggi.

Sono a guida dell’Istituto Comprensivo di San Bartolomeo in Galdo dal 1° settembre di quest’anno. La cartina che fa bella mostra di sè sulla locandina d’invito evidenzia bene la posizione geografica dei due paesi che compongono l’Istituto. Siamo in provincia di Benevento ma anche a pochissimi km da Foggia. San Bartolomeo in Galdo e Baselice rappresentano lo spauracchio per chiunque, da docente, da assistente amministrativo, da collaboratore scolastico, da dirigente come me, voglia rientrare a lavorare nella propria provincia. E’ qui- e solo qui- che si ottiene il lasciapassare per una sede più agevole. Tale necessaria premessa vuole evidenziare la condizione psicologica di precarietà, di disagio, di attesa, di emergenza quotidiana con cui deve fare i conti il professionista/lavoratore che si inerpica su queste montagne, percorrendo un paesaggio incontaminato. Sorvolando sulla questione dimensionamento, sulla quale molto ci sarebbe da eccepire riguardo a parametri così distanti da loro (min 183/max 1000 alunni), credo che qui siano state ricercate soluzioni ottimali per dare piena visibilità al territorio della Valfortore con scelte adeguate e sostanziali perchè l’IC potesse continuare ad offrire, con un’incisiva capacità di progettazione e gestione educativa, il più alto livello possibile di offerta formativa complessiva. Infatti ogni istituzione scolastica autonoma rappresenta una risorsa culturale enorme per un territorio decentrato ed inospitale dal punto di vista geografico e per difetto di vie di comunicazione adeguate. E’ ancor più avvertita per la scuola di base, che si caratterizza sempre più per la capillarità di presenza e per la vicinanza ai potenziali utenti, a conferma di quel legame di reciprocità tra scuola e territorio che rappresenta una delle idee-guida dell’autonomia scolastica.

Detto ciò, bisogna anche riconoscere che la mega-istituzione densamente popolata ed estesa sul territorio vada a modificare non poco il profilo del Dirigente scolastico, che diventa un “gestore” puramente organizzativo, allontanandosi troppo dalle dinamiche pedagogiche, relazionali ed umane che un “leader educativo” deve poter sviluppare nel contatto diretto con l’intero contesto educativo. Perchè questi ambienti, caratterizzati da evidenti condizioni di disagio, rapportati essenzialmente ad orografia e viabilità, non hanno potuto godere di parametri più favorevoli, al pari di altre realtà meno problematiche, utili a salvaguardare la presenza di più centri direzionali? Credo che un dimensionamento equilibrato, nè troppo esiguo, nè eccessivamente dilatato, rappresenti un prerequisito non derogabile per innescare processi di reale cambiamento e consentire altresì  la giusta visibilità al territorio. Questo non tanto per avere a tutti i costi una Istituzione scolastica nel proprio Paese, ma per tonificare e potenziare il dialogo con le altre Istituzioni locali da parte di un soggetto  autorevole, riconosciuto e qualificante tale da contribuire a determinare lo sviluppo  di quel territorio.

E qui si profila un’altra importante criticità: di fatto, l’Istituzione scolastica è una interlocutrice autorevole ed incisiva per il territorio in cui opera?

La dimensione territoriale ci chiede relazioni sistemiche interne- tra le diverse Istituzioni autonome- ma soprattutto esterne-con le diverse realtà territoriali istituzionali e non.

Il cuore dell’autonomia è costituito da una coerente programmazione territoriale che io non intravedo profilarsi all’orizzonte nell’immediato. Il D.Lgs 112/98 ha trasferito a livello di decisione politica locale precise competenze in tema di organizzazione del servizio scolastico. Emerge in positivo la possibilità di una maggiore attenzione alle specifiche problematiche territoriali in materia di istruzione. Ma altrettanto evidenti sono le difficoltà, per superare le quali deve verificarsi il presupposto che si sia stabilita una buona intesa tra Amministrazione locale ed Istituzione scolastica. La buona intesa c’è se si condivide la stessa unità d’intenti, cioè un comune denominatore nella ispirazione di principi che  porti alla collaborazione e non al conflitto. Purtroppo bisogna constatare che le Amministrazioni locali considerano spesso le Istituzioni scolastiche come un peso economico da sostenere.  Occorrono, al contrario, intese e coordinamento di interventi e, ancor prima, stipula di patti sulle cose da realizzare con la definizione precisa e puntuale di compiti, responsabilità e funzioni che ciascun soggetto è chiamato a porre in essere. In altre parole, alla Scuola, per farsi soggetto riconosciuto ed autorevole, devono essere garantiti strumenti giuridici più appropriati che le consentano di realizzare  quel coordinamento con gli altri soggetti sociali ed educativi del territorio, senza i quali le belle parole restano sono intenti.
Senza qusto sforzo straordinario di negoziazione e di   partecipazione convinta da parte dei soggetti co-interessati ai processi decisionali, resteranno insormontabili le criticità evidenziate nella mia scheda di adesione a questo Forum:

  • la 626 con la necessità di mettere a punto strutture scolastiche sicure ed adeguate ai bisogni formativi degli alunni;
  • l’integrazione dei soggetti in situazione di handicap. La legge 104/92, già dieci anni orsono aveva previsto la stipula di accordi di programma, quali patti territoriali attraverso i quali le I.S., le reti di scuole, le A.S.L., gli Enti locali, le famiglie, le Rappresentanze del mondo associativo locale avrebbero dovuto garantire una migliore sinergia d’azione reciproca per l’ottimizzazione degli interventi. Belle parole che si scontrano ancor oggi con la dura realtà dei fatti:
  • richieste di visite psico-medico-pedagogiche evase a distanza di un anno, con grave danno per i soggetti richiedenti
  • aggiornamento dei profili non soddisfatte per carenza di personale
  • docenti supplenti sul sostegno sforniti di apposito titolo di specializzazione
  • totale assenza di supporto materiale all’handicap.

E’ noto a tutti che l’integrazione scolastica non possa essere risolta dalla correlazione tra disabilità e insegnante di sostegno, ma deve essere ricondotta ad una serie di azioni che fanno capo a svariati soggetti istituzionali, che non possono essere inadempienti.

Già riconoscere questo significherebbe un enorme passo in avanti  per la Scuola e contribuirebbe ad accrescerne autorevolezza!

Grazie per la benevola attenzione che avete voluto riservarmi!

 

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