Giovanni Paolo II nel 1978 mentre saliva al soglio pontificio, con la frase Non abbiate paura! invitava l’umanità ad abbattere i confini e a spalancare le porte agli immensi campi della cultura, della civiltà e dello sviluppo. In oltre sette lustri, siamo riusciti a trasformare radicalmente la vita umana su tutto il pianeta, modificando assetti politici ed economici ed utilizzando a livello mondiale sempre più potenti e sofisticate tecnologie.
Ma, purtroppo, non siamo riusciti a sconfiggere la paura, che nonostante assuma nuove sembianze, in realtà rimane sempre la stessa.
Oggi viviamo la paura in modo nuovo, sotto forma di un groviglio di paure eterogenee, mescolate le une alle altre che, amplificate dai media, fanno precipitare l’uomo contemporaneo in un’angoscia senza fine.
Il signor Bianchi ha paura che suo figlio non trovi lavoro. Oppure, se lo trova, che sarà precario per sempre. Ha paura di perdere il suo di lavoro e, a 50 anni, sa che sarà quasi impossibile trovarne un altro. Ha paura per il benessere psico-fisico di sua moglie, con quello che fa ogni giorno tra casa, lavoro e figli. Ma ha anche paura del Grande Fratello digitale che lo controlla e già conosce tutti i suoi dati, del clima impazzito, dei terroristi che buttano bombe e si fanno esplodere nei più affollati luoghi di incontro o del matto che spara nelle Università.
Ha paura anche perché il nemico non è facilmente localizzabile, visibile, identificabile. Senza più confini, argini, sistemi protettivi affidabili, il signor X vede la sua vita esposta a rischi mai pienamente governabili.
Per questo si rifugia nell’oggi ed annienta- cancellandola- la speranza del futuro.
I social network ed Internet fanno la loro parte con una prepotente comunicazione orizzontale, che mette in scena solo il presente, la ripetizione di luoghi comuni, dove l’altro perde autorevolezza e sacralità.
Ciò che conta davvero è il numero dei like. Un vero toccasana – nel mondo dell’amicizia virtuale- per scacciare la fatica di pensare e per affermarsi come persona.
La connessione perpetua frattura il nostro rapporto con il tempo, generando una reazione sempre più immediata, dove il digitare viene sempre prima di ogni altra cosa, non importa se stai facendo qualcos’altro.
E ti ritrovi davanti una società dallo sguardo basso e fisso, sempre più incapace di parlarsi con gli occhi, incapace di attendere e, soprattutto, di elaborare il pensiero. E’ una vera e propria fuga dalle idee, ma nessuno sembra preoccuparsene. Il futuro non è più un domani carico di promesse, ma solo di pericoli.
L’uomo contemporaneo ha smesso di aprirsi al sogno di una globalizzazione più equa e solidale, che non pretenda di fondarsi sull’esclusione programmatica e sistematica di alcuni e sullo sfruttamento di altri.
Sarà ancora Natale se riusciremo a sconfiggere la paura non con la gioia momentanea di qualche luminaria, con un pranzo con la famiglia e gli amici, con un regalo che riesce ancora a stupire, ma con la gioia sofferta di chi è consapevole che la speranza o è per tutti o non ce ne sarà per nessuno.
Sarà ancora Natale se non continueremo a chiudere gli occhi per non vedere il dolore degli altri.
Sarà ancora Natale se saremo capaci di impregnare le nostre vite di relazioni autentiche e di rispetto dell’altro, a qualsiasi parte del mondo appartenga.
Sarà ancora Natale se saremo capaci di far brillare ancora quella luce che illuminò il buio di Betlemme in ogni luogo avvolto dalle tenebre della paura e del non-senso.
Il nostro Padre ci dona ancora una volta Gesù come un modello di vita semplice da imitare nella sua magnifica umiltà, per guidarci nel cammino verso la terra promessa, che è per noi il futuro.
Non abbiate paura! E’- per fortuna- ancora Natale!