Faccio uso di tre parole magiche Cuore Mente e Mano e di tre verbi Amare Conoscere Agire per dare un senso all’educare.
Con il cuore trasformiamo gesti normali di vita quotidiana in opportunità educative, per accompagnare il processo di crescita ed aprire alla conoscenza, con la presenza amorevole, rassicurante ed incoraggiante, che anima la speranza.
Con il cuore ritmicamente mandiamo in circolo passione educativa che rende unico e straordinario ogni docente quando, con approccio cordiale positivo e fecondo, riesce ad attivare i meccanismi più vivaci dell’apprendimento.
Con le mani poggiate sulle spalle sproniamo la perseveranza e la fiducia, sottolineiamo gli errori solo per correggerli ed evitarli in seguito, asciughiamo le lacrime di chi è in difficoltà, scriviamo sulla lavagna appunti perchè diventino saperi.
Con le mani guidiamo altre mani, ancora incerte o esitanti sul foglio bianco, a diventare sempre più abili e sicure, accarezziamo visi con approccio cordiale e fecondo per generare incontri di sorrisi.
Con la mente, dai saperi solidi e vivificati da un allenamento senza sosta che assorbe impegno, sacrificio e perseveranza, apriamo le porte della conoscenza e moltiplichiamo le opportunità.
Con il potere della mente nutriamo speranze, sviluppo e partecipazione solidale.
La scuola, in fondo, è racchiusa in queste tre parole e vive di queste tre azioni.
Se viene a mancarne una, anche le altre perdono valore.
Scholé è un termine con il quale i greci antichi indicavano il tempo libero, cioè il tempo di coloro che si dedicavano a far le cose amate e desiderate, tra le quali c’era appunto lo studio, inteso come passione ed amore del sapere.
Scholé per noi moderni continua ad essere il tempo vivificato dall’amore per la sapienza, la temperanza e la giustizia.
E’ un tempo non immediatamente finalizzato ai risultati a breve termine, ma significativo e degno di essere vissuto di per sé, perché già nel cammino si ritrova il senso del percorso di formazione e dell’incontro personale.
Scholè non è mai solo rispetto formale delle regole e dei ruoli, pur necessari, ma attenzione alle persone ed alla loro unicità.
L o studio prende avvio sempre dall’amore e se nessuno può obbligare ad amare è altrettanto vero che nessuno può obbligare a studiare, a innamorarsi del sapere, a vivere il gioco della conoscenza.
Questo lo aveva capito già Platone: “ Non devi iniziare gli alunni allo studio con la forza della costrizione, ma come se giocassero, così che tu possa meglio comprendere le tendenze e le inclinazioni di ciascuno”.
Se sapremo indossare ancora gli abiti socratici, di colui che non insegna, ma aiuta a ricercare, a riscoprire e a costruire le virtù ed i saperi, avremo adempiuto con pienezza alla nostra missione educativa.