15 mesi di pandemia

Con i decreti di chiusura delle scuole di ogni ordine e grado che si sono susseguiti quasi per due lunghissimi anni, la didattica a distanza (DAD) è riuscita a calcare la scena ritagliandosi un ruolo importante nel  conciliare il distanziamento sociale con il proseguimento delle attività formative in tempo di pandemia. Tuttavia il Covid-19 ha rappresentato un punto di non-ritorno al concetto tradizionale di scuola,  riguardo alla classe omogenea e statica, alla lezione frontale del docente, alle verifiche standard, ai compiti in classe, agli  orari, agli esami e quant’altro.

Pensare che un essere invisibile sia riuscito a rivoluzionare  gestione scolastica e approccio educativo, laddove qualsiasi riforma  aveva  prodotto  miseri  risultati di facciata,   di certo genera una certa inquietudine e pone seri interrogativi sul da farsi da ora in avanti.

Non si è mai spenta la diatriba tra fautori  e denigratori di questa modalità di svolgimento delle lezioni,  che ha visto schierati, a mo’ di una finale  di calcio, due tifoserie sempre più antagoniste e litigiose.

Entrambe  sembravano essere in possesso del Verbo formativo.

L’entusiasmo riservato  alla tecnologia per superare il reciproco isolamento ha messo d’accordo tutti solo nel breve periodo, quando la DaD.- pur se improvvisata dalla buona volontà dei docenti, che, in verità, ne hanno sempre tanta-  era accettata come una soluzione praticabile solo nell’immediato.

Oggi siamo tutti più convinti, dopo mesi di lontananza dalle aule, che  la vita scolastica degli studenti di qualsiasi età  non possa essere affidata al solo rapporto virtuale con uno schermo.

Siamo altrettanto consapevoli che la DAD,  non essendo la semplice replica della didattica in classe con strumenti tecnologici, non possa risolversi  come  la trasmissione “a casa” di materiale e compiti da svolgere.

Dovrebbe essere  altrettanto noto ai più  che l’apprendimento a distanza non nasce nella fase emergenziale che stiamo attraversando.

Sono già  diversi anni che la rivoluzione informatica e le potenzialità offerte dalla digitalizzazione hanno aperto nuovi orizzonti nel mondo della scuola, soprattutto per ciò che concerne la formazione docente.

Il processo di accelerazione della pandemia, ha trasformato questa importante opportunità in una vera e propria necessità. Proprio per questa ragione, sarebbe bene rivolgere alla DAD uno sguardo non superficiale, capace di coglierne gli elementi più profondi e innovativi, anche da parte dei decisori politici che si ostinano a chiedere un rinnovato impegno della classe docente anche in estate.

 L’apprendimento onlingarantisce  l’accesso a risorse e servizi per la didattica agli studenti, come videoconferenze, chat di gruppo, utilizzo di piattaforme digitali per la trasmissione di materiale multimediale. Ma questo non basta. E’ sempre indispensabile l’ approccio creativo  del docente per il pieno utilizzo delle  potenzialità derivanti dal multimediale. Perché lo studente possa apprendere in piena autonomia, occorre dispiegare azioni di tutoraggio e regia  nel selezionare,  predisporre e proporre materiali appropriati, nel programmare e monitorare costantemente le attività svolte dallo studente.

Si dirà: tutto come prima!

Quello che cambia profondamente è la dimensione spazio-temporale del processo di apprendimento, in cui deve  cambiare l’approccio e  devono essere abbandonate  le pratiche tradizionali,  perché la soglia di concentrazione degli alunni quando sono a casa si abbassa moltissimo.

Per questo è utile diversificare gli strumenti  utilizzando flessibilità e creatività.

Educare a distanza non è semplicemente educare attraverso l’intermediazione digitale, ma porsi domande e  fornire risposte su come garantire     l’apprendimento attivo, la problematizzazione, la riflessione, la contestualizzazione di  pensieri, di vissuti, di  emozioni e sentimenti.

Le interrogazioni vecchio-stile non possono reggere questa emergenza educativa.

L’insegnamento dovrebbe promuovere attività motivanti, con un atteggiamento di ascolto e di condivisione, tralasciando per un po’ preoccupazioni inerenti lo svolgimento di un programma, concentrandosi al contrario su progetti di vita, che investono competenze diverse, ma  necessarie in questo momento e che nell’ordinario sono spesso sottovalutate e finanche sottratte all’esperienza degli studenti.

Sviluppare la capacità di guardare oltre la contingenza operativa può essere la svolta, pensando  innanzitutto a ricreare la relazione educativa che faccia da  contrasto alle varie forme di isolamento e solitudini che gli studenti stanno evidenziando.

Il virus ha rivoluzionato d’un botto  l’ambiente di apprendimento, catapultando tutti in una realtà irreale ed anomala, dove si è contemporaneamente soli ed insieme agli altri, ma separati da uno schermo. Non sono più valide soluzioni standardizzate, ma sono urgenti soluzioni personalizzate volte a   sviluppare  competenze, che pongano interrogativi e problemi, che richiedono il protagonismo   più che l’adempimento di un compito.

Se gli studenti al tempo della pandemia non sono diversi da quelli che normalmente si  incontrano nelle aule didattiche -e lo sono di sicuro!- la narrazione dell’emergenza richiede strumenti ed approcci diversi.

 La didattica a distanza non può consistere nella prosecuzione on line della didattica in presenza, limitata alla costruzione di conoscenze e abilità connesse alle discipline di studio. Ciò che deve fare la differenza è la cura del vissuto individuale,  quella “relazione calda” fatta di ascolto reciproco e di interlocuzioni, che aiutano ad interpretare e  ad attribuire significato a quanto  ci sta accadendo.

Sperimentare più linguaggi possibili per narrare e narrarsi, offrire riferimenti scientifici, storici e matematici, selezionando quei contenuti delle discipline che hanno maggiore “potere ermeneutico” anche sull’emergenza, è la grande scommessa culturale a cui la scuola non può sottrarsi. Si tratta del più gigantesco “compito di realtà”,che docenti e allievi si trovano a
dover sperimentare.

In questa  dimensione , cambia anche il senso del “valutarsi”  e del valutare, che diventano un’occasione per riconoscere il valore e il senso del lavoro svolto durante questo anomalo e zigzagante percorso “scolastico”.

La quarantena ha chiamato in causa alunni, docenti e famiglie, con tutti i rischi connessi: da un lato sono  emersi gli innumerevoli disagi e le insicurezze dei docenti che hanno dovuto sperimentare  l’uso di metodologie innovative poco consolidate nella realtà, dall’altro il senso di frustrazione dei genitori di fronte alle richieste della scuola, via via crescenti per il perdurare della sospensione delle lezioni, per  pc e tablet inesistenti o vetusti, collegamenti assenti o incerti, competenze tecnologiche modeste o decisamente limitate, per scarsa disponibilità di spazi fisici per svolgere contemporaneamente (e con comodità) attività diverse, per difficoltà che le famiglie culturalmente povere incontrano nel supportare i propri figli.

Tutti hanno  fatto la loro parte; ciò che conterà davvero sarà non disperdere questo importante patrimonio di esperienze maturate.

La didattica a distanza, quando ci sarà  il rientro a scuola in presenza, sarà la cartina al tornasole per dirci se il sistema scolastico avrà fatto tesoro dell’esperienza pandemica.

I docenti hanno avuto modo di sperimentare, in questo  lunghissimo periodo, con grandi sacrifici e senza nessuna preclusione, l’uso di diverse piattaforme,  le lezioni a distanza, i messaggi scritti o vocali, le comunicazioni whatsapp e telefoniche a proprie spese, nel tentativo di raggiungere e coinvolgere tutti gli allievi in pratiche di didattica a distanza, utilizzando diversificate forme di contatto, anche informali e personalizzate, di assistenza a problemi di vario genere anche attraverso indagini discrete sui bisogni strumentali (devices, connessioni ecc.), relazionali, psicologici.

Di questa inusuale esperienza nulla dovrà essere disperso, perché questi  strumenti dovranno continuare ad essere  impiegati fin da subito  per ricalibrare e mettere  a punto didattiche sempre più innovative.

Questo  pezzo di strada percorso tra mille inciampi, quest’arco  temporale che sembra irrimediabilmente perso contengono tutta la forza di ricominciare,  di riempire quel vuoto esistenziale, di ricucire quella mancanza di normalità e di quotidianità, di ritrovare la confusione e gli schiamazzi al suono della campanella, di riscoprire i pianti e i sorrisi, le angosce, gli abbracci, le strette di mano, che fanno  vicinanza,  inclusione, amicizia. Per continuare a vivere. Per continuare a sognare un mondo diverso.

 

 

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