55 è un numero importante per me, non solo per l’anno di nascita.
55 sono gli anni complessivi che ho trascorso nella scuola.
55 nella smorfia napoletana è la musica, che amo da sempre e che mi richiama alla mente gioia e feste, musicisti, canti e cori, armonia ed allegria.
Ho vissuto nella scuola ansie speranze e timori. E, come in ogni viaggio che ha un inizio ed una conclusione, il tram sta raggiungendo il capolinea. Signori, si scende!
Scendo anch’io con una valigia su cui troneggia una sola parola: SCUOLA.
A volte mi è parsa pesantissima, quasi un fardello insopportabile da trascinare.
Quando ripenso ai vincoli, ai lacciuoli dell’ elefantiaca burocrazia, alla quale ho dovuto dedicare una parte preponderante del mio tempo scolastico.
Quando ripenso al nostro tempo in crisi, che segnala un’assenza valoriale senza precedenti, una incapacità a trovare una visione del proprio futuro e una perdita totale di punti di riferimento.
Quando ripenso alla società che sembra aver smarrito il significato virtuoso e paziente della formazione, rimpiazzandolo con l’illusione di carriere prive di sacrificio ed economicamente gratificanti.
Quando ripenso alla cultura relegata al rango di pura comparsa sulla scena del mondo, alle dimensioni dell’ascolto e della parola che sembrano irrimediabilmente persi da una generazione che cresce attraverso modelli identificatori iper-edonisti e conformisti.
Quando ripenso all’eterno presente, fatto di reti e di snodi, di connessi ed interconnessi, di chat e social network, che fa vivere molte relazioni virtuali e poche relazioni reali.
Quella stessa mia valigia mette le ali e riesce a farmi volare.
Quando ripenso al lavoro svolto con i ragazzi nelle aule, per fortificarli a resistere alle incertezze del futuro, in cui le solitudini e le emarginazioni vengono ricucite con un alfabeto uguale per tutti, capace di costruire un Paese solidale e aperto al confronto.
Quando ripenso alla capacità di raccontare esperienze di protagonismo dei ragazzi e storie che parlano di vita.
Quando ripenso ad una formazione che spinga tutti i ragazzi verso la ricerca della felicità e della bellezza, a ricostruire un senso autentico di cittadinanza, a riconoscere i valori comuni del vivere civile, a preservare la memoria storica, a salvaguardare il patrimonio naturale e artistico, a garantire nuove forme di inclusione dettate dalle migrazioni.
Quando ripenso ad una scuola con aule aperte all’incontro generazionale, in cui adulti e ragazzi superano la fatica dello stare insieme per dialogare ed affrontare la vita con la voglia di cambiarla in meglio.
Il mio pensiero è rivolto a tutti gli attori protagonisti della scena educativa, ma in particolare agli alunni che hanno varcato e continueranno a varcare i cancelli della Scuola con grandi speranze e forti timori.
Cari ragazzi, come è successo a noi, un giorno di là da venire ricorderete la Scuola non tanto per ciò che vi avrà insegnato, ma per come ve lo avrà insegnato, perché non si può “sapere” senza “amore per il sapere”.
Saranno quelli che avranno fatto nascere domande senza offrire risposte già scritte, che avranno saputo coltivare la relazione educativa, valorizzare le differenze, animare la curiosità di ciascuno di voi senza inseguire alcuna immagine di “allievo ideale” ed esaltare la diversità, che vi appartiene. In una parola, quelli che avranno saputo “amare chi impara” perché la Scuola è fatta di ore di lezione che possono essere avventure intellettuali ed esperienze emotive profonde.
Un manifesto ha guidato i miei “anni di scuola” e recita così:
Un’educazione eccellente avviene in posti imprevedibili e dipende da fattori imponderabili: insegnanti pieni di dedizione, presidi lungimiranti e genitori incoraggianti, la capacità di guardare al di là degli slogan passeggeri e al momento sopravvalutati in quella determinata cultura …..Gli studenti hanno sempre imparato altrettanto o anche più dal modo in cui gli insegnanti si presentano-i loro atteggiamenti, i loro valori, i loro codici morali, il loro modo di pensare quotidiano, di agire e, prima di tutto, di essere- che non dal curriculum, sia questo creato uguale per tutti o ritagliato su misura di ogni singolo allievo .
Oggi in nessun Paese le idee vengono accettate acriticamente solo perché enunciate da degli adulti.
I giovani non sono i depositari della saggezza, ma neppure coloro che sono in posizione di autorità lo sono; il diritto di essere ascoltati devono guadagnarselo e l’esempio delle loro vite deve costituire la più legittima rivendicazione dell’attenzione dei giovani.
(HOWARD GARDNER- Aprire le menti)
A ciascuno di voi, dico:
Ricorda che…..nel percorso scolastico come nella vita…
Non puoi fare tutto in una volta sola
Non puoi fare tutto bene, sempre allo stesso modo.
Non puoi fare sempre meglio di un altro.
Cerca allora di capire chi sei.
Decidi cosa viene prima e poi scegli di farlo.
Scopri i tuoi punti di forza e usali.
Impara a non competere con gli altri
perché nessun altro è in gara con te.
Impara ad accettare la tua unicità.
Impara a convivere con i tuoi limiti.
Impara a darti e a pretendere il rispetto che ti è dovuto.
La Scuola sarà la tua compagna di viaggio alla scoperta del meraviglioso e magico mondo della conoscenza e delle relazioni.
Perché sarà la scuola- e solo quella- a salvare il mondo.
Ricorda che finché ci sarà uno che conosce 2000 parole e un altro che ne conosce 200, questi sarà oppresso dal primo. La parola ci fa uguali.
La parola è la chiave fatata che apre la porta della conoscenza del mondo.
Bisogna lasciarsi sorprendere dalla forza delle parole. C’è tutto il mondo racchiuso nelle parole.
Ed io, per l’attenzione che mi avete dedicato ne uso una sola per dirvi:
GRAZIE !