A chi Jova?

Non la siccità o  la guerra tra Russia e Ucraina e neanche  il caro bollette o la caduta del governo Draghi, no,  il dibattito di questa  calda estate 2022 è stato catalizzato dal Jova Beach Party  di Lorenzo “Jovanotti” Cherubini, che ha diviso  il nostro paese tra ambientalisti, che  denunciavano la distruzione delle spiagge, e  i festaioli, che rivendicavano il diritto a divertirsi.

Cosa c’è da argomentare realmente su questo mega-evento dell’estate 2022 che  ha corso ed interessato- nel bene e nel male- tutta la Penisola?

Mattatore al centro dell’attenzione per tutta la  durata dei suoi mega-eventi, Jova  ha cantato da solo, in duetto con altri cantanti famosi, improvvisandosi anche dj, mentre godeva dei bagni di folla e del tintinnio del denaro ( da 65 a 105 euro a biglietto) per le  migliaia di fan accorsi per partecipare a questo tour senza eguali nella storia.

Questi party  in riva al mare hanno attirato fiumi di critiche per avere portato decine di migliaia di persone in un ecosistema delicato come le  spiagge, calpestate, erose e distrutte a suon di musica e che, secondo molti,  avrebbero dovuto essere protette.

Jovanotti ha risposto alle critiche  che gli sono piovute addosso elevandosi  a  paladino dell’ambientalismo, grazie al consenso universale  conquistato grazie al suo “pensiero positivo” sbandierato da anni.  Infatti,  si è giustificato in ogni tappa del suo mega beach-party  facendo riferimento ai  progetti  promossi dal suo tour:

RI-PARTY-AMO per  pulire e recuperare 20 milioni di metri quadri di spiagge, laghi, fiumi e fondali, come campagna crowdfunding promossa con WWF e Intesa Sanpaolo, per raccogliere fondi (non suoi, dunque!) a difesa e salvaguardia dell’ambiente e del territorio.

#GIOVAATUTTI, per dare voce alla Gen-Z, desiderosa di salvaguardare il Pianeta grazie ad un vero e proprio social hub,  con contenuti, vignette, video, interviste dirette ai ragazzi ma anche agli adulti, in cui poter raccontare i diversi  punti di vista su tematiche ambientali.

4 R: riduzione, riutilizzo, riciclo, recupero,  per promuovere il  giusto conferimento dei rifiuti con isole dedicate, accompagnando il tutto con materiali riciclati e pannelli esplicativi del “circolo” della raccolta differenziata.

Le spiagge, al termine di ogni Jova Beach, le abbiamo  lasciate pulite e ordinate, meglio di come le abbiamo trovate”, ha ripetuto come un mantra alla fine di ogni concerto.

Allora, è davvero tutto ok? Vediamo che ne pensano gli esperti

Antonio Croce, dottore di ricerca in Biologia applicata, già dopo il primo evento avutosi nel 2019, notava la scomparsa delle piante perenni, al contrario di quelle terofite, cioè quelle annuali, che avevano riconquistato facilmente l’area dopo il disturbo antropico. Inoltre faceva riferimento alla scomparsa delle dune di sabbia, spianate dalle ruspe, con conseguente compromissione della biodiversità dei luoghi interessati e all’inasprimento del problema dell’erosione della costa, in quanto la sabbia non avendo più radici che la trattenevano, né barriere che la intercettavano, avrebbe subìto un impoverimento della spiaggia e l’avanzamento del mare, metro dopo metro.

 Mario Tozzi, con il quale Jovanotti è entrato in forte polemica, invitandolo a verificare di persona lo stato delle spiagge dopo i suoi concerti, spiega di non essere contrario di per sé alle manifestazioni artistiche in luoghi naturali, anche se incontaminati. Ma – scrive – “un conto sono cento persone, un altro cinquantamila”, citando uno studio del Cnr, secondo il quale dalle spiagge del Parco Nazionale dell’Arcipelago de La Maddalena, ogni persona che passa una giornata su quelle spiagge porta via, anche solo involontariamente, tra i 50 e i 100 grammi di sabbia  e fa due conti:

“Moltiplica  questa cifra per le diecimila o cinquantamila persone e vedi a che montagna di sabbia si arriva, senza contare che si balla e ci si agita, aggiungendo erosione a erosione. Anche se solo per una giornata”.

I numeri del Jova Beach Party, dunque, non sarebbero sostenibili dal punto di vista ambientale secondo il geologo. Ma non è solo questo il problema.

Le coste italiane, soprattutto quelle sabbiose sono ecosistemi che l’azione umana ha reso sempre più fragili, come le dune  su cui crescono piante e erbe che aiutano a non disperdere la sabbia.

“Non sembra – scrive il geologo – una buona idea idee passare con le ruspe prima dell’evento o imporre un megapalco di quelle dimensioni con tutte le opere temporanee, ma pesanti, che richiede. E le opere di compensazione servono relativamente, perché agli impatti resistono solo gli ecosistemi resilienti e in Italia gli stessi sono allo stremo, specie lungo le coste”.

 Oltre alle perplessità scientifiche ci sono quelle di tipo culturale. “Trasformando gli ambienti naturali in luoghi per eventi di massa si potrebbe dare l’idea che la natura e il paesaggio siano, in fondo, modificabili costantemente dai sapiens anche per esigenze che non sono di immediata sopravvivenza, pur riconoscendo il valore assoluto della musica”. 

Per comprendere appieno i danni ecologici perpetrati da questi  eventi musicali  ci vorranno anni e credo che non basti che il “ragazzo fortunato” di un tempo  affermi che il Jova Beach Party non mette in pericolo nessun ecosistema,   non basti raccogliere i rifiuti abbandonati a terra dai suoi fan per rimediare all’impatto ambientale, o addirittura a “migliorarli” rispetto a prima, non basti affermare che  tutte le amministrazioni locali riconoscano la bontà dell’iniziativa, perché, con un po’ di smaliziata analisi, si s che le  stesse concedono  i permessi necessari avendo in mente lo sfruttamento economico  e la  promozione turistica   e mai la tutela ecologica.

Le spiagge sono  delicati ecosistemi in cui ogni minima azione antropica può generare gravi danni alla flora e alla fauna: abbattere un filare di 65 metri di tamerici a Marina di Ravenna,  disturbare  animali a rischio di estinzione come l’uccello fratino e la tartaruga caretta che nidificano sulla sabbia vicino ad alcune spiagge che hanno ospitato il concerto, sradicare o distruggere la vegetazione dunale  per ottenere sabbia soffice e pura in cui far stanziare i fans, non sono argomentazioni false né infondate da parte di chi l’ambiente lo studia.

Jovanotti vorrebbe  dare ai suoi concerti una veste pedagogica, filantropica ed apolitica, provando ad  imporli come momenti “alti” di aggregazione e divertimento per i messaggi  ambientalisti che veicolano.

In realtà, credo che si affermi sempre più prepotentemente il modello capitalistico, che   spinge il consumatore verso stili di consumo  presentati  in una  chiave ritenuta meno impattante, ma, in realtà, altamente redditizia.

Il Jova Beach Party, in sostanza è solo un tentativo di riproposizione –in veste green-, di una visione scarsamente ecologica dell’ambiente, mentre all’orizzonte si sta profilando l’apocalisse che richiederebbe maggiore attenzione e rispetto per il nostro Pianeta sofferente.  Soprattutto per chi cantava, tempo addietro,

«Un anno è già passato / La spiaggia si è ristretta ancora un metro / Le mareggiate / Le code di balena». (L’estate addosso)

 

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