Ti assomiglio, mamma, ogni giorno di più!
Accarezzo le mie mani lunghe ed affusolate, con le unghie piccole come le tue, mentre la pelle non più compatta disegna corrugamenti e valli trasversali, con sempre nuovi terremoti epidermici. Le cospargo con unguenti antimacchie ben sapendo che la situazione non migliorerà.
Provo a spalmare la crema miracolosa anti-age, pur essendo consapevole che miracolosa non è, sul viso con movimenti delicati e circolari e, come una visagista, scendo giù fino al collo che una volta era di cigno ed ora assomiglia sempre di più a quello di una tacchinella attempata.
Mi guardo allo specchio e scopro rughe neonate.
Mi consolo pensando che si tratta di rughe d’espressione, quelle che addolciscono il viso.
Sarà!
Più realisticamente amo chiamarle i miei meridiani e paralleli del tempo, tracce degli anni trascorsi, che, a differenza degli altri, aumentano e restringono spazi alle future sorelle.
Ogni linea orizzontale è un sentiero inesplorato che si è fatto conoscere, grazie ad inciampi, sacrifici, ostacoli e curve pericolose, ma anche allo stupore di ciò che la vista mi ha regalato nel mio andare.
La fronte corrucciata rimanda agli interrogativi cui non ho saputo dare risposta e alle avversità non fronteggiate abbastanza. Le borse sotto gli occhi un po’ alla volta si sono gonfiate di pensieri, di preoccupazioni, di lacrime di gioia e di dolore.
Ogni linea verticale segna le scalate della mia esistenza: sono le corde appese alle rocce, a cui sono rimasta aggrappata con determinazione per salire sempre più in alto, verso traguardi prospetticamente lontani ma giammai ritenuti irraggiungibili.
Non esprimono parentesi insignificanti, ma tutta la mia vita.
Se le rughe oggi me le porto addosso, è semplicemente perché esisto e gridano al mondo che ci sono anch’io.
Sono il diario del tempo che ho avuto.
Ogni tanto, davanti allo specchio, provo a tirare o a sollevare la mia pelle come faccio quando stendo le lenzuola ad asciugare al sole e ad immaginare come potrebbe diventare con un lifting.
Sarei ancora io?
Non credo, in fondo qualcuno ha detto che un campo solo arato, ma senza solchi non produce granché di buono.
Ecco perché continuerò ad indossare sul viso tutto quello che il tempo vorrà ancora donarmi.