La società della gratificazione istantanea col suo invito a vivere l’oggi –che non ha radici- a cogliere l’istante -che seduce e gratifica – considera il sacrificio come un limite insopportabile, che blocca il dinamismo e vincola le più diverse possibilità.
Sedotta dalle mode del momento e trascinata verso la leggerezza offre una cultura dai molti colori mutevoli, affascinante ed attrattiva per le novità e le prodezze trasgressive, presto superate.
Il solo tempo è il presente, perché il futuro, che è attesa, si fa vuoto intollerabile di senso, negazione della sola pienezza desiderabile.
Abbiamo smarrito ogni scala di priorità: non sappiamo più discernere il necessario dal superfluo, non riusciamo a mettere ordine tra bisogni reali, desideri, voglie, sogni e capricci. Tagliando quel filo che ci teneva legati responsabilmente alle generazioni future, abbiamo recintato il nostro orizzonte, confinandolo in un «io» narcisistico e prepotente o- al più- in un «noi» centrato sul nostro esclusivo vantaggio.
Non è semplice parlare di “sacrificio” in un mondo prigioniero dell’istante, incapace di comunicare la valenza umanizzante dello sforzo e della rinuncia, impossibilitato a intravedere un orizzonte di bene comune e di speranza.
Il sacrificio è una cosa seria: è privarsi di un bene, è astenersi da una possibilità in vista di un bene più grande che riguarda tutti.
Ma se manca l’orizzonte condiviso, se ogni atteggiamento è eticamente indifferente, se pretendiamo come diritto tutto ciò che è economicamente possibile, allora ci troviamo impotenti di fronte a ogni avversità, che diventa un ostacolo insuperabile.
E’ fin troppo evidente che il sacrificio privato della solidarietà, così come la rinuncia svuotata della speranza diventano insopportabili.
Solo la speranza di contribuire a un mondo migliore di quello che abbiamo conosciuto, la preoccupazione per il benessere di chi verrà dopo di noi, la solidarietà con chi, vicino o lontano da noi, non può accedere a beni essenziali possono spingerci ad affrontare il sacrificio con la consapevolezza che un altro mondo è possibile, che l’uomo non è nemico dell’uomo e che vi sono principi di equità, di giustizia, di pace, di solidarietà che vale la pena vivere a qualunque prezzo.
Così il sacrificio si fa storia d’amore, come la Pasqua, che lo sublima. Gesù, con l’offerta sacrificale della Sua vita, ci redime ogni anno, pacificandoci con l’Eterno.
Il nostro sacrificio quotidiano sarà sicuramente meno cruento, ma comunque importante se legato alla faticosa ricerca di una vita «migliore», nella quale ritrovare nutrimento e gioia.
14 aprile 2014