E’ un letto d’acciaio quello che mi accoglie a braccia aperte, dopo che mani esperte ad aprire porte, ad evitare spigoli, ad accendere luci e monitor mi introducono in un ambiente che sa di navicella spaziale. Qui bandane leziose, insieme a cuffie di ogni forma e colore giocano a nascondere, schiacciandoli senza pietà, i capelli degli addetti alla sala, rubando alla vista -ma non all’udito- le singole identità di genere. Le casacche unisex a V e i pantaloni comodi sono la divisa pacifica di una truppa che combatte qui – giorno e notte- la sua speciale battaglia per la vita. Li osservo da una prospettiva inedita, vestita solo della mia fredda nudità, mentre rimandano sguardi benevoli e sorrisi calorosi, desiderosi di infondere tranquillità. Lo sguardo, che vaga come un cavallo brado in questa inedita prateria, cade sulla grande macchia a colori che il monitor di fronte mi rimanda. Stento a credere quello che vedo: è proprio lui, il mio cuore! Sono qui perché ha voglia di danzare sempre più spesso sul pentagramma della mia vita come un dervisci rotante in cerca dell’Assoluto.
Respiro aria e movimento! Chi mi gira intorno sa quel che deve fare e fa quello che deve. E poi arriva Lui, il mio angelo pontificante. In verità, le sembianze sono poco eteree e molto terrene. Se sia realmente Felice non lo posso sapere, nascosto com’è da cuffia, occhialoni, camice di piombo e guanti di lattice, ma di certo si appresta a ricondurre sulla giusta via il mio cuore ballerino. E’ solo un attimo, un colpo di tosse richiesto, poi un altro e quel lungo ed esile serpente dalla testa leggermente ricurva che ha saldamente tra le mani, è già in viaggio mentre inizia la conversazione con l’alter-ego che siede davanti ad un computer nella stanza accanto. Il ritmo degli scambi vocali è un’altalena di comandi, domande, richieste di silenzio con toni di voce ora pacati e tranquilli, ora decisi e marcati. Il mio sguardo gelido e sveglio, nonostante la sedazione, continua a sbirciare intorno. Ascolto parole note che provocano brividi di smarrimento, mentre vado alla ricerca di segnali rassicuranti. Incrocio sorrisi empatici, modi di fare garbati e voci sussurranti “Va tutto bene! Stia tranquilla!” Ma il tempo sembra essersi davvero fermato. Il malefico flutter per essere neutralizzato ha bisogno di un’azione da maestro. L’annuncio: “Abbiamo terminato!” genera un respiro liberatorio e scarica la tensione.
Esco dalla sala e rifletto: chi ha deciso di svolgere questo lavoro altamente specialistico, qualificato, impegnativo e stressante, che richiede pazienza, precisione, conoscenza, dedizione, coraggio e professionalità, non potrà essere ripagato mai abbastanza, semplicemente perché non ha prezzo!
Sono questi gli eroi della quotidianità, che si adoperano per salvare vite umane o anche solo per migliorarne la qualità. Lavorano nel silenzio delle sale operatorie, lontani dalla notorietà, che la società liquida ha deciso di riservare solo a chi percorre le vie della comunicazione dal successo immediato e frivolo per un mondo -fuori di qui- già tanto vacuo ed effimero di suo.
A tutti questi professionisti, un semplice ed eterno grazie!