26 aprile 2019
Atterriamo a Dublino intorno alle 15:30, dopo un volo Ryanair da Napoli di circa 3 ore. Raggiungiamo l’uscita, dove ci attende il transfer. Il tempo è nuvoloso, temperatura di 8°. L’autista cerca di intrattenere una breve conversazione con mio marito, l’unico che parla un po’ d’inglese, chiede il nome dell’hotel e spiega che essendo venerdi, c’è molto traffico a quest’ora e cercherà di portarci a destinazione, dato che bisogna arrivare in centro, seguendo un itinerario alternativo. Non so se corrisponda al vero, ma ci facciamo l’idea che non conosca la strada, perché impiega oltre un’ora e venti a compiere un percorso che richiede solo 20 minuti di tragitto. Sia come sia, siamo in vacanza e ne approfittiamo per osservare la città. Comincia anche a piovere, ma non ci scoraggiamo. Eravamo preparati ad affrontare un clima molto diverso dal nostro: a Napoli oggi c’erano quasi 30°. L’Academy Plaza Hotel si trova in un punto strategico della città: lo scopriremo più tardi. Espletate le funzioni di accreditamento e, dopo esserci bene equipaggiati, usciamo in perlustrazione per la città. Tira un vento con fastidiose raffiche che disturbano parecchio la passeggiata. La prima impressione che si ha passeggiando per le sue strade, vento a parte, è che Dublino sia una città vivace ed ospitale, una gemma tutta da scoprire. Prima di dirigerci verso l’ O’Connell Street, saliamo verso la direzione opposta e ci imbattiamo nella prima chiesa: si tratta della Abbey Church, presbiteriana, scendendo sulla destra osserviamo dall’esterno perché chiuso il Parco della Rimembranza. Notiamo che qui convivono bene insieme palazzi moderni e antichi edifici medievali. Si ha l’impressione che a Dublino passato e presente si mescolino armoniosamente: monumenti che grondano storia si fondono con la gente seduta ai tavolini a chiacchierare senza fretta e cordialmente davanti ad una pinta di birra.
La O’Connell Street è imponente in quanto arteria più importante di Dublino e piena di gente ad ogni ora. Dirigendoci verso il ponte, ci imbattiamo in un grande ago che sale fino a 120 metri di altezza, quasi a sfiorare il grigio del cielo. E’ La Spirale, qui detta comunemente Spir, costruita nel 2003 sulle rovine di un altro monumento distrutto da un attacco dell’IRA. Continuando la passeggiata, ammiriamo l’’edificio dell’Ufficio Centrale delle Poste, costruito nel 1818, che conserva un grande valore storico, essendo il luogo in cui si proclamò la Repubblica dell’Irlanda, dopo la rivolta del 1916. Molti degli edifici di questa strada furono distrutti e poi ricostruiti, mentre l’Hotel Gresham è uno dei pochi edifici rimasto intatto e risalente al 1817.
La percorreremo più volte, essendo questa strada un punto strategico della città, da dove partono autobus di città e pullman per le escursioni.
Prima del ponte sul fiume Liffey ci fermiamo ad osservare il monumento a Daniel O’Connell, leader nazionalista del primo ottocento.
Un vento sferzante ci accoglie sul ponte che è molto affollato. Le nuvole cedono il posto al tramonto del sole sull’acqua, reso magico da voli di gabbiani che si posano sulle balaustre del quasi aspettando di essere fotografati dai turisti in transito. Regna un silenzio assoluto, non si sente suonare alcun clacson, il traffico è talmente silenzioso e discreto che dà ascolto ai versi dei gabbiani insieme al vociare umano.
Sono le 20:30 ed è ancora giorno. Dobbiamo trovare un locale per la cena. In tasca ho un biglietto da visita sul quale è annotato il nome di un ristorante vicino al nostro albergo, consigliatoci dalla receptionist: Murray’s Pub.
Ci andiamo. Il luogo è affollatissimo, non c’è posto. Bisogna attendere 45 minuti per mangiare. Ci fanno scendere al piano inferiore. Tipico pub irlandese con musica dal vivo, molto caratteristico. Mentre aspettiamo che si liberi un tavolo, gli schermi ci rimandano le immagini di una partita di calcio e la musica irlandese suonata da un gruppo al piano di sopra. Nell’attesa osservo le persone ai tavoli. Volti giovani e lentigginosi autoctoni che hanno voglia di divertirsi, sorridono e parlano tra loro. Turisti di nazionalità diverse. Pochi telefonini tra le mani. Tante pinte di birra e moltissime chiacchiere. Bellissima atmosfera. Finalmente ci danno il tavolo; si mangia. Rigorosamente irlandese: zuppa e irish angus steak, fish e chips e tanta Guinness. Al termine Irish coffee per tre. Il conto è un po’ alto, ma lo sapevamo che la vita a Dublino è cara.
Uscendo in strada, ci accorgiamo che fa molto freddo e decidiamo di rientrare subito in albergo, che è qui vicino.
27 aprile 2019
Sveglia prestissimo perché si va in escursione alla cittadina di Galway e alle scogliere di Moher sull’Atlantico.
Partenza alle 7:30 a due passi dal nostro albergo, dove ci attende la guida. C’è il pullman degli italiani ed il pullmino degli spagnoli. Noi siamo con questi ultimi perché i posti sull’altro erano terminati e non potevamo perdere l’occasione unica ed irripetibile di visitare questi luoghi. Riusciamo a capire qualcosa delle spiegazioni che la guida fornisce in spagnolo, ma è importante soprattutto osservare quello che c’è oltre il finestrino. Il cielo anche stamane è nuvoloso, ma il vento sembra essersi attutito. Io ed Anna prendiamo posto in prima fila. Ricordo che qui la guida è a sinistra: abbiamo già avuto modo di sperimentare ieri palpitazioni e cuore in gola, quando incroci lo sguardo con le auto di fronte, che sembrano venirti addosso. Brividi che scendono lungo la schiena prima che la mente sopraggiunga a ricordarti che qui si guida al contrario e ti tranquillizzi, anche se per poco.
Sono accanto al finestrino con il telefonino come appendice per fissare quello che gli occhi vedono, mentre il pullmino sfreccia veloce sulla larga autostrada pianeggiante a doppia corsia. Mi torna alla mente la canzone della Mannoia Il cielo d’Irlanda. La cerco su youtube, la ascoltiamo. La canzone è un mix perfetto di metafore e similitudini di ciò che vediamo in tempo reale, per circa due ore di viaggio…..
Il cielo d’Irlanda.. un tappeto che corre veloce, fa il mondo in bianco e nero e dopo un momento i colori li fa brillare più del vero, ti annega di verde e ti copre di blu, si sfama di muschio e di lana, è un gregge che pascola in cielo, è un enorme cappello di pioggia, è una donna che cambia spesso d’umore, è una gonna che gira nel sole, è Dio che suona la fisarmonica, si apre e si chiude con il ritmo della musica. Il cielo d’Irlanda si muove con te /Il cielo d’Irlanda è dentro di te.
Il paesaggio mi affascina ed ha il potere di risvegliare forti emozioni; quaranta sfumature di verde, dicono qui, che ricoprono pianure e colline, poi un oceano che si insinua nelle terre, creando anse ed insenature paludose, dove la vegetazione lancia la sfida, vincendola, di crescere in zone impervie e poco salubri.
Non riesco a staccare gli occhi da questo spettacolo della natura, dalle mille tonalità di verde dei terreni squadrati e delimitati dai muretti a secco di pietra grigia, frutto di un lavoro secolare degli abitanti di queste terre, strappate alla natura selvaggia ed inospitale. Nei recinti, animali in libertà ispirano paradisiache vite lontane dalla frenesia del ritmo del tempo attuale. Qui la vita appare immobile, attenta solo alle regole del trascorrere del giorno e delle stagioni.
Poche case qui e là, che spuntano dl paesaggio come macchie di colori cadute accidentalmente dalla tavolozza di un pittore a cui piace tanto il verde; non ci sono campi coltivati, a causa di terreni acidi e condizioni atmosferiche non proprio favorevoli, un susseguirsi ininterrotto di bestiame libero. Ogni foto scattata cattura questa diversità di sfumature, mai monotona, dettagli che rendono unica questa terra, di una bellezza disarmante nella sua semplicità.
Arriviamo a Galway, prima delle due tappe del nostro tour, senza aver effettuato alcuna sosta.
La guida ci racconta che Galway è la capitale dell’ovest gaelico, situata nella piccola porzione di terra fra la baia e il Lough Corrib. E’ una vivace cittadina universitaria ricca di storia, che incanta il visitatore per le sua atmosfere incredibilmente suggestive, pur non avendo attrazioni celebri da visitare. Ci lasciamo incantare dalle colorate vie del centro con tantissimi pub caratteristici, dai moli, dalle banchine, dalle barche che ondeggiano sulla baia, dalla musica che esce dai locali, dai tanti vicoli colorati, un po’ meno dal vento costante che in pochi istanti spazza via il sole e fa arrivare un cielo nero di pioggia.
Iniziamo la visita da Eyre Square, dove si tenevano le giostre medievali e il mercato: oggi è solo un ampio spazio verde che conserva la Browne Doorway, l’ingresso riccamente decorato di una dimora mercantile. Poco oltre la piazza inizia il centro storico, interamente pedonale. Percorriamo le pittoresche William Street e la successiva Shop Street. Lungo il tragitto, fra negozietti deliziosi e artisti di strada che cantano e ballano, incontriamo prima il Lynch’s Castle, la più bella casa medievale d’Irlanda, dalla facciata decorata con sculture e stemmi della famiglia Lynch e del re Enrico VII, poi la vicina St. Nicholas’ Collegiate Church, di epoca medievale. Nel cuore della città un’ artista di strada balla il tip tap su musica irlandese; qui le strade pullulanti di pub coloratissimi, di negozietti simpatici, di locali interessanti, di murales e bancherelle di maglioni di lana delle Aran, di anelli di Claddagh e di libri usati si incrociano in un caleidoscopio di armonia. Alla fine arriviamo sul mare: anche qui il vento non ci dà tregua. Giriamo a sinistra e ci troviamo di fronte il cinquecentesco Spanish Arch, da cui parte una piccola passeggiata verso il mare. E’ questo uno degli scorci più fotografati di Galway , denominato il The Long Walk, ovvero una fila di casette dai colori pastello alla foce del fiume Corrib. Scattiamo qualche foto-ricordo e facciamo ritorno al pullman.
Ripartiamo alla volta delle Cliffs of Moher, dopo aver attraversato un territorio un po’ diverso da quello visto finora. Nel percorrere strade strette ed ondulanti, dove a stento passano due auto, carpiamo a fatica notizie dallo spagnolo riguardanti la capacità dell’uomo di strappare pezzi di territorio alle pietrose e brulle montagne presenti qui.
I muretti a secco, fatti erigere nell’Ottocento quando si frammentarono, con le prime riforme sociali, le grandi proprietà terriere, nascondono le tante sofferenze della popolazione: a costruirli furono gli stessi pastori, su ordine del governo britannico, quando, nel periodo della Grande carestia, questa poteva essere l’unica attività in cui impiegarli per qualche pence al giorno. Osserviamo un alberghetto dal tipico tetto di paglia, ombrose paludi e piccoli fiordi, che fanno da padroni in un contesto naturale privo di ogni di modernità. Arriviamo alla meta in uno dei luoghi più suggestivi e affascinanti d’Irlanda. La guida ci informa che a causa dell’allerta vento, si potrà passeggiare solo sui sentieri consentiti, non scavalcando mai le balaustre. Effettivamente facciamo fatica anche a camminare, ma la meta è troppo allettante e si va, anche camminando all’indietro, ad ammirare questo spettacolo che la natura ci offre gratis.Non potremo certamente camminare per tutta la loro lunghezza.
Le Cliffs of Moher sono lunghe 8 chilometri e raggiungono un’altezza massima 214 metri di altezza. Anche solo osservare i sentieri a strapiombo sul mare è una sensazione unica, sembra di essere ai confini del mondo; la pace è interrotta dal volo degli uccelli, dal suono del vento e delle onde che s’infrangono sugli scogli. Purtroppo non è la giornata adatta per vedere i pulcinella di mare e le isole Aran in lontananza…
Al cospetto della loro impressionante maestosità, illuminate dalla luce di un primo pomeriggio nuvoloso , la serie di promontori di scura pietra calcarea ci fa sentire piccoli ed insignificanti. Passeggiare sui loro sentieri a picco che conducono a diversi belvedere disseminati per tutta l’estensione delle scogliere, oggi appare impresa ardua oltreché impossibile anche se molti giovani visitatori, quantunque sia formalmente vietato, scavalcano la recinzione per un selfie pericolosissimo. Noi restiamo a scrutarne l’imponenza dalle scalinate, ben protetti da lastre di pietra scura.
Pausa pranzo presso il Centro visitatori attrezzatissimo ed efficiente, scavato nelle alture della zona ad impatto ambientale quasi nullo, dove acquistiamo anche i magneti per ricordo e poi via sulla strada del ritorno. Ci aspettano ancora circa tre ore di viaggio, ma è ancora tempo di ritemprarci gli occhi perché percorriamo una strada diversa.
Un enorme campo da golf cattura la nostra attenzione. Insieme ai tanti campi da rugby, dove si allenano ragazzini, visti precedentemente, pensiamo sia uno sport molto praticato qui.
Facciamo una breve sosta in un autogrill molto speciale, dove si è fermato il presidente Barak in occasione della sua visita in Irlanda, diretto a Moneygall, piccola cittadina originaria di uno dei suoi trisavoli, Falmouth Kearney, emigrato a 19 anni negli Stati Uniti, nel 1850 all’apice della “grande fame”, durante la quale un milione di irlandesi sono morti e un milione emigrati per sfuggire alla crisi. Abbiamo potuto visitare al piano superiore il Museo a lui dedicato mentre degustavamo un gelato Magnum.
Rientro alle ore 19:30 a Dublino. Stanchi ma soddisfatti, decidiamo di cenare in albergo. Usciamo a passeggio nel dopocena, a piedi nei dintorni dell’albergo; è sabato sera, tantissima gente in giro nel quartiere Temple Bar, soprattutto ragazzi e giovani che animano l’atmosfera davanti a pub e bar. Entriamo in un negozio di souvenir per acquistare gadget: un”pensierino” per Luca (alias, pecora!), una palla di natale per Stefano, con i simboli dell’Irlanda. E poi, il meritato riposo!
28 aprile 2019
La giornata è dedicata alla visita della città. Non avendo reperito guide in italiano, optiamo per il tour con il bus Hop-on Hop-off, che con le sue 25 fermate, rappresenta il modo migliore per conoscere Dublino, dandoci la possibilità di scendere e salire tutte le volte che vogliamo durante l’intera giornata al costo di 22 euro a persona. Partiamo ovviamente dal capolinea che si trova sulla O’Connell Street, con la linea rossa. Il tempo è, come al solito, nuvoloso, a tratti con pioggerellina. Prima tappa: Trinity College (fermata 3)
Situato nel cuore della città, di fronte ad una filiale della Banca d’Irlanda (il palazzo non ha finestre e prende la luce dal tetto!)- che un tempo è stata sede del Palazzo del Parlamento irlandese- il Trinity è un prestigioso istituto d’istruzione a livello mondiale, tra i più antichi d’Irlanda perché nasce ufficialmente nel 1592 con la fondazione ad opera di Elisabetta I. Si estende su un’area di 220.000 m², che include sia il complesso principale del college che il Trinity Technology and Enterprise Campus.
La biblioteca al suo interno comprende circa cinque milioni di testi ed un’importante collezione di antichi manoscritti, fra cui il famoso Libro di Kells. Tra gli ex studenti del Trinity College ci sono Samuel Beckett, Oscar Wilde, Edmund Burke e Oliver Goldsmith; le statue degli ultimi due le incrociamo all’esterno dell’ingresso. Il College, nonostante i lavori di rifacimento all’interno del cortile, conserva fascino e discrezione: sembra quasi di entrare in un rifugio sereno e tranquillo, un luogo di altri tempi che conserva intatta la sua bellezza originaria. La sovrana con la fondazione di questo istituto cercò di fermare l’esodo dei giovani protestanti dublinesi che si trasferivano sul continente per studiare. Fino al 1793 accolse solo studenti di fede protestante e solo nel 1903 furono accolte nel college le studentesse.
Possiamo osservare solo dall’esterno la biblioteca, che ospita il Book of Kell, in quanto la visita in italiano è prevista in un orario non compatibile con i nostri tempi. Leggiamo sulla guida che si tratta di un manoscritto miniato, realizzato da monaci irlandesi intorno all’800 e contiene il testo dei quattro Vangeli in latino, accompagnato da note introduttive ed esplicative, il tutto corredato da numerose illustrazioni e miniature riccamente colorate. Il libro prende nome dall’abbazia di Kells, dove fu conservato per buona parte del Medioevo. Quest’ultima era stata fondata all’inizio del IX secolo, all’epoca delle invasioni vichinghe, da monaci originari dell’Abbazia di Iona, una delle isole Ebridi, situate al largo della costa occidentale della Scozia, che San Columba, il grande evangelizzatore della Scozia, aveva eletto come suo principale centro missionario nel VI secolo. Quando la moltiplicazione delle incursioni vichinghe finì per rendere l’isola di Iona troppo pericolosa, la maggior parte dei monaci si trasferì a Kells, che da allora divenne il nuovo centro delle comunità fondate da Columba.
All’uscita, visitiamo il museo irlandese del whiskey, un localino delizioso cui si accede attraversando un tunnel decorato con botti; al piano superiore una varietà infinita di whiskey fa bella mostra di sé, dai prezzi esageratissimi.
Si risale sul bus, attraversando il quartiere georgiano: Merrion square è la piazza più prestigiosa di Dublino dai prati curatissimi e dalle aiuole fiorite, che espone la statua di Oscar Wilde.
Ammiriamo gli splendidi edifici dai portoni variopinti e decorati con lunette a ruota di pavone, elaborati batacchi e talvolta anche raschiatoi per pulire le scarpe. Costeggiamo il St Shephen’s Green, uno splendido giardino all’inglese, dove gli impiegati, dopo il lavoro, si riversano negli storici pub per rilassarsi davanti ad una birra a fare due chiacchiere. E’ questo di sicuro il luogo più frequentato ed amato della città. Si affaccia qui l’hotel più famoso e frequentato dal bel mondo della città, lo Shelbuorne; fu proprio in questo stesso edificio che la Costituzione irlandese fu scritta, nel 1922. Qui hanno soggiornato nei loro viaggi Grace Kelly, JFK e Stanlio e Ollio.
Scendiamo alla fermata 9, nel quartiere medievale. Prima dell’era georgiana, Dublino ha conservato la fisionomia medievale che i normanni le avevano dato 500 anni prima, dominata da un imponente Castello e da due maestose chiese: la Christ Church Cathedral e la Cathedal di St Patrick (quest’ultima fuori le mura). Entrambe sono quasi ignorate dalla popolazione-attualmente in maggioranza cattolica- e riescono a sopravvivere solo come attrattive turistiche.
Alla vista, la Christ Church Cathedral si presenta imponente, ma della costruzione originaria, avvenuta ad opera dei vichinghi nel 1038, non rimane quasi nulla, eccetto la cripta; fu distrutta e ricostruita in pietra dai normanni nel XII secolo. Sottoposta a innumerevoli restauri, nonostante l’apparente uniformità archettonica, in realtà risulta un’accozzaglia di stili diversi, che spaziano dal romanico al gotico inglese.
Proseguendo a piedi, mentre andiamo alla ricerca dell’altra cattedrale, incrociamo l’Arco di St. Audoen’s del 1240, che costituisce l’unica parte rimasta della città medievale, con le due chiese che portano lo stesso nome, una protestante e l’altra cattolica. In quest’ultima, nel XIX secolo, il parroco era solito celebrare la messa molto velocemente per consentire alla sua comunità di dedicarsi agli svaghi più avvincenti, come le partite di calcio.
Girovagando per straduzze e vicoli, finalmente raggiungiamo la Cattedrale di St. Patrick, passando davanti al verdeggiante e curato Parco omonimo, che fino al XX secolo era uno squallido ghetto malsano e sovraffollato. Anche questo edificio appare un po’ cupo a causa del materiale utilizzato. La cattedrale nazionale dell’Irlanda protestante venne edificata in uno dei siti cristiani più antichi di Dublino, dove, si narra, S. Patrizio abbia battezzato i pagani in un pozzo nel 450 d.c. Nel 1191, Saint Patrick’s divenne cattedrale e tra il 1200 e il 1270 fu eretto l’attuale edificio, il più grande del paese. Dal 1320, qui si stabilì la prima università del Paese, che vi sarebbe rimasta per circa due secoli. Nel tempo la cattedrale ha subito numerosi danneggiamenti e fu restaurata tra il 1860 e il 1900 grazie all’ingente contributo della famiglia Guinness. Per questo all’interno fa bella mostra di sé la statua di Benjamin, il primo membro della celebre famiglia ad aver mostrato interesse per la conservazione della chiesa. Qui è sepolto Jonathan Swift insieme all’amata Esther, che egli cantò con il nome di Stella. Swift, inglese nato in Irlanda, soffrì molto nella sua carriera di non essere nato in Inghilterra. Fu, dunque, più per risentimento che per convinzione che egli denunciò l’atroce sorte degli irlandesi dei suoi tempi. L’autore dei Viaggi di Gulliver produsse scritti feroci anche contro la corruzione della Chiesa e gli espropri a danno degli irlandesi. Nella sua Modesta Proposta, capolavoro di umorismo nero, proponeva di ingrassare i bambini irlandesi per farne cibo scelto per i ricchi.
Tappa successiva è il Guinnes Storehouse, dopo aver attraversato in pullmann Higts Street e Thomas Street, il cosiddetto Liberties, vecchio quartiere operaio e popolare, intorno alla birreria Guinness: un angolo autentico e insolito della vecchia Dublino, con i suoi abitanti che tentano di preservarne lo spirito e l’unità di fronte ai tanti cambiamenti che la città sta vivendo. Questa zona della città si chiamava The Four Corners of Hell, perché c’era un pub in ogni angolo.
Lo Storehouse Guinness è l’attrattiva più visitata della città; degustare qui una Guinness, la famosa birra scura, non ha prezzo. O meglio, il biglietto di entrata è molto costoso (20 euro a persona!), ma il luogo è spettacolare, perchè unisce esibizioni sofisticate a un suggestivo contesto scenografico contestualizzato in una sapiente ed efficace strategia di marketing. Nato nel lontano 1759, questo stabilimento occupa ben 26 ettari di terreno. In realtà si esplora un museo dedicato alla Guinness, realizzato nelle parti più antiche, riconvertite a spazio hi-tech, grazie a un avveniristico progetto che ha saputo adattare la struttura originale trasformandola in un edificio che sale per 7 piani, assumendo la forma di una pinta di Guinness. 7 piani che raccontano ogni minimo aspetto della birra più amata d’Irlanda! Gli ingredienti Tutti i componenti della birra vengono illustrati e mostrati in immensi barili con la possibilità di toccarli e odorarli da vicino. La produzione Assistiamo a tutto il procedimento fra bollitura, fermentazione, maturazione e miscelatura, in un gran frastuono e miscuglio di odori. I bottai Viene illustrata la sottile arte della costruzione delle botti. Il trasporto Dalle vecchie carrozze ai più moderni sistemi per trasportare la birra. La pubblicità Le campagne promozionali sono diventate ormai leggendarie, dai poster vecchio stampo ai moderni spot. Arthur Guinness Tutta la storia di come è nata la Guinness. La degustazione Con il biglietto d’ingresso, abbiamo potuto assaporare una pinta omaggio nello splendido Gravity Bar, un magnifico punto panoramico con vista sulla città.Vi abbiamo trascorso piacevolmente oltre due ore: esperienza unica ed interessante!
Risaliamo sul bus per completare il giro turistico senza più scendere: osserviamo da lontano la distilleria Pearse Lyons di St. James fondata da un uomo d’affari irlandese con una forte passione personale per la produzione e la distillazione, proveniente da un indissolubile legame familiare con il famoso quartiere “The Liberties” di Dublino;ammiriamo l’ex prigione Kilmainham, oggi museo sulla storia del Nazionalismo irlandese a testimonianza della lotta degli irlandesi contro il dominio britannico per l’indipendenza; al Phoenix Park -sempre a distanza- il monumento a Wellington, un obelisco alto ben 63 metri e l’ingresso allo zoo di Dublino.
Prima di completare il tour rivediamo la statua di Charles Parnell, eroe dell’indipendenza irlandese, posta all’estremità nord di O’Connell street, che apre la strada a questa splendida piazza cittadina, sede di Musei e ricca di storia. Si può ammirare l’insieme di begli edifici di fine ‘700 del Rotunda Hospital, la prima maternità in Europa. In Parnell square ritroviamo anche il Garden of Remembrance, importante giardino che è una sorta di tributo a chi morì per l’indipendenza del Paese. Tutti le case ai diversi lati della piazza sono in stile georgiano, con le caratteristiche porte colorate e le lunette. Davvero un angolo splendido di Dublino.
Mancano ancora all’appello due attrazioni non viste, per cui decidiamo di risalire sul bus fino alla fermata n. 7, dove scendiamo per visitare Temple Bar e raggiungere a piedi il Castello.
Temple Bar è il quartiere festaiolo di Dublino, ritrovo di molti artisti di strada. Le sue vie sono fiancheggiate da bar e pub chiassosi, accanto a ristoranti, negozi alla moda e…bar e pub! Qui si trascorrono le nottate a bere, a ridere e fare conquiste. A me sembra più che altro un quartiere prettamente commerciale, un allegro carnevale creato artificialmente per spillare denaro in quantità ai passanti inconsapevoli. Passeggiare per le sue strade è piacevole in questo tardo pomeriggio di domenica, ma l’impressione è che al calar della sera cominci a pullurare di ubriachi e non sarei più così convinta di sostarvi a lungo.
Ci spostiamo verso la zona del Castello con un po’ di difficoltà a trovarla. Chiediamo ad un passante; per fortuna,è italiano; capiamo subito la direzione da prendere. Arriviamo in un grosso cortile attraversando un ponticello. Non siamo certi di essere nel posto giusto. Chiediamo ad un ragazzo che ci invita a seguirlo. Cercavamo un Castello, ci è apparso un palazzo maestoso. Di medievale, del periodo anglo-normanno è rimasta solo la Record Tower, costruita all’inizio del XIII secolo. Nel 1534 il castello, infatti, fu sottoposto ad un lungo assedio, successivamente distrutto da un rovinoso incendio e teatro di alcuni momenti della lotta per l’indipendenza irlandese. Oggi il castello viene usato dal governo per riunioni ed occasioni ufficiali. Quando arriviamo, è chiuso. Scattiamo qualche foto e via.
Mentre facciamo rientro in albergo, all’imboccatura di Grafton Street, ci imbattiamo nella statua dedicata a Molly Malone, vicino alla quale tanti turisti si fanno fotografare, sorridendo mentre danno una sbirciata nella profonda scollatura.
La statua dalla prorompente prosperità viene appellata con sferzante ironia, mentre la ballata a lei dedicata, che i dubliners sono soliti intonare allo stadio per sostenere le proprie rappresentative, è un inno non ufficiale del Paese e narra la storia di questa giovane e bellissima pescivendola, di nome Molly, che muore tragicamente a causa di una febbre. La tradizione attribuisce a questa donna anche un altro genere d’impiego, quello più antico del mondo.
Si torna in albergo a piedi; siamo stanchi, non ci va di uscire, mangiamo qualcosa qui al ristorante e dopo cena relax al bar con un ultimo irish coffee. Domani si torna a casa.