In una società che corre sempre più veloce, dove la fretta sembra essere diventata la nostra unica ragione di vita, la “buona musica” può esserci di valido aiuto a ricercare una pausa, per riequilibrarci interiormente ed andare alla ricerca della felicità, che non coincide con il possesso di beni, ma col benessere psico-fisico.
Se ne siamo fruitori, la musica si fa piacevole intermezzo, dolce relax, ascolto gradito, empatia con chi ci sta di fronte e suona.
Per chi la fa, è attività un tantino più complessa che richiede controllo, esercizio, studio, attenzione e talento, ma soprattutto piacere di esprimersi per condividere ciò che pulsa dentro.
Quando si parla di musica, il pensiero corre a qualcosa di futile e di leggero, del quale si possa fare a meno.
A scuola, poi, l’ora di musica è “sempre” un’attività secondaria, poco importante e reputata scarsamente impegnativa. Se pensiamo alla canzone di Bennato “ sono solo canzonette”, il discorso sembrerebbe non fare una piega.
Ma è davvero così? Gli stereotipi sono duri a morire e difficili da abbattere e, soprattutto, inducono in gravi errori.
Si può, anzi si deve, educare alla buona musica, che è ottimo veicolo per rallegrare, ma un insostituibile strumento per dialogare ed apprendere.
La musica è solo una, ma con dieci, cento, mille sfaccettature. Impariamo a conoscerne il più possibile. Iniziamo a scuola.
“Senza l’arte l’uomo resterebbe ampiamente cieco a se stesso, al proprio mondo interiore.
La musica tra tutte le arti esalta l’armonia universale e suscita la fraternità dei sentimenti al di là di tutte le frontiere: essa per la sua natura può far risuonare interiori armonie, solleva intense e profonde emozioni, esercita un potente influsso con il nuovo incanto.
La musica è uno strumento di vera fraternità, aiutando a superare discriminazioni e frontiere”. (Giovanni Paolo II)