Nel nome del “rispetto delle diversità”, rischiamo di togliere ai bambini un pezzo della nostra storia e della nostra tradizione.
Non è abolendo il presepe dalle scuole che si promuove l’incontro tra le diverse culture e che si integrano i bambini e le famiglie “altre” nella società in cui hanno scelto di vivere.
Non si tratta di imporre a nessun bambino, maestro, operatore scolastico di professarsi cristiano.
Si tratta di far conoscere a tutti i bambini il presepe, memoria del sorgere del cristianesimo, religione del nostro paese e fondamento dei princìpi e dei valori universali che veicola: pace, fratellanza, uguaglianza, pari dignità, amore e solidarietà.
Solo affermando i caratteri della nostra civiltà, della nostra cultura e della nostra tradizione favoriremo il rispetto di ogni altra civiltà, aprendo le menti al dialogo interculturale.
Il Presepe è la celebrazione del nostro Dio che si fa “dono” attraverso un bambino povero ed umile, per portare a tutti una speranza di vita. Non è un genere di consumo, ma il racconto di una verità.
Ritrovare ogni anno la capanna, le statuine, le pecorelle è un rituale che aiuta a riscoprire le ragioni della nostra identità.
Anche l’albero di Natale esalta il valore della vita, come ha affermato Papa Benedetto XVI, che resta “sempre verde” se si fa dono: non tanto di cose materiali, ma di se stessi: nell’amicizia e nell’affetto sincero, nell’aiuto fraterno e nel perdono, nel tempo condiviso e nell’ascolto reciproco” e rimanda all’”albero della vita”, figura di Cristo, supremo dono di Dio all’umanità.
Non c’è- per tutti noi- altro Natale!