Gesù scelse di nascere povero. Francesco chiamò sorella la povertà. Di frequente, siamo portati ad usare questa parola come sinonimo di miseria, riferendoci alla scarsità di mezzi economici, che genera sofferenza e vulnerabilità sociale. Anche se può succedere talvolta che le due condizioni si compenetrino tanto da far oscillare le persone come un pendolo, da uno stato di povertà relativa ad uno più grave di miseria conclamata e viceversa, la miseria aggiunge, alla mancanza di risorse materiali, la deprivazione culturale e morale. Nei fatti, tendiamo ad accendere i riflettori molto più spesso sulla miseria economica, perché è quest’ultima che maggiormente ci preoccupa e spaventa la società attuale, basata su un’economia di consumo, tralasciando di soffermarci su quella più subdola e pericolosa, che si insinua nelle menti e stritola il pensiero, con atteggiamenti difensivi ed opportunistici.
Qui vogliamo soffermarci sulla miseria umana -valoriale ed etica- che risulta totalmente indipendente dal livello di reddito e che sempre più di frequente dimora nei ragionamenti e nei comportamenti sociali quotidiani.
Ne siamo affetti….
se, con in tasca il telefonino ultimo modello, ci vantiamo di qualsiasi acquisto on-line a prezzo stracciato, senza che ci importi qualcosa del lavoratore sottopagato, se non addirittura schiavizzato che l’ha prodotto o anche solo spedito a domicilio e quali risorse siano state sottratte al pianeta;
se qualcuno ci struscia appena appena il paraurti dell’auto e, dopo aver firmato il modulo di constatazione amichevole che ci dà ragione, ci precipitiamo dal carrozziere a chiedere un preventivo gonfiato che possa ripagarci tutta la fiancata;
se alla domanda “con fattura?” dell’artigiano che ci ha fatto un lavoro rispondiamo “no” e corriamo a munirci di contanti, per pagare in nero e risparmiare l’iva, mentre ci erigiamo a censori dei grandi evasori;
se abbandoniamo senza ritegno tutto quanto abbiamo a portata di mano e poi ci lamentiamo dei disastri ambientali e della sporcizia dei luoghi;
se crediamo nel detto: mors tua vita mea, perché pensiamo che ogni boccone in più ad un altro è un boccone in meno per noi;
se, tronfi di diffidenza, strilliamo contro l’invasione degli immigrati irregolari, mentre beneficiamo della badante filippina sottopagata o in nero;
se ci indigniamo di fronte alla corruzione ed al familismo amorale presenti a vari livelli istituzionali, ma poi, sotto sotto, andiamo alla continua ricerca di corsie preferenziali e di amici influenti per ottenere vantaggi personali;
se pensiamo che versare tasse e balzelli ad uno Stato che reputiamo ladrone sia odioso ed anche perfettamente inutile, ma poi pretendiamo la sanità gratuita e di qualità quando stiamo male, la scuola gratuita e di qualità per i nostri figli e nipoti, le strade e i servizi pubblici perfettamente funzionanti quando ci muoviamo;
se pensiamo che i colleghi che timbrano il cartellino e svolgono il servizio con senso di onestà, siano degli stupidi e ne approfittiamo perché “tanto ci sono loro ” che lavorano anche per noi;
se non riusciamo ad alzare lo sguardo rancoroso dalle nostre rivendicazioni e pensiamo che ciò che possiediamo meritatamente è ben poca cosa rispetto a ciò che possiedono gli altri immeritatamente;
se…….(e continua).
Se è vero che in Italia i 5 milioni di poveri vanno aiutati ad uscire dallo stato di inadeguatezza sociale, che li priva dei diritti elementari, è soprattutto la miseria morale che dobbiamo sforzarci di combattere.
E’ davvero urgente un esame di coscienza, che aiuti chi ne è affetto a rinnegare egoismi e finte verità, a indossare la povertà di spirito e a vivere la purezza del cuore, a farsi testimoni di valori cristiani agiti, a vedere l’altro come alimento delle nostre speranze.
Se vogliamo diventare davvero come ci vuole Gesù, l’unica strada da percorrere è questa.
Solo allora sarà Natale e non mera finzione!