Schiavi 2.0

Tutti gli uomini, di tutte le epoche, e ancora oggi, si dividono in schiavi e liberi perché chi non dispone di due terzi della sua giornata è uno schiavo, qualunque cosa sia per il resto: uomo di stato, commerciante, impiegato statale, studioso” (Friedrich Nietzsche-Umano, troppo umano I, 1878, 68)

La finanziarizzazione e la globalizzazione sono diventate le manifestazioni più evidenti  del mondo di oggi. Il modello di business che il neoliberismo ha promosso in questi anni è una sorta di passepartout che spalanca le porta a tutto ciò che sa di deregolamentazione, liberalizzazione, privatizzazione e austerità. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti e si chiamano insicurezza economica e   disuguaglianze crescenti.

Ogni grande società finanziaria o  corporation multinazionale  tende egoisticamente a  massimizzare i profitti sfruttando le risorse-lavoro e,   più frequentemente di quel che si pensi,  violando le leggi dei singoli Paesi, in termini di evasione fiscale. Ne deriva un monopolio assoluto che  condanna al patibolo  la piccola concorrenza. Chi sciaguratamente ipotizza che il profitto possa essere utilizzato per lo sviluppo sociale, dovrebbe riflettere sulla crescente disparità tra ricchi e poveri, ma anche sui bisogni indotti dalla programmata obsolescenza dei prodotti in uso quotidiano, che  costringe a sostituire, piuttosto che  a riparare, il bene deteriorato, spingendo a produrre sempre di più e sempre più a basso costo.

A pagare il prezzo di tutto questo sono soprattutto i lavoratori,  tra turni massacranti, assenze di  garanzie,  minori tutele e  buste paga  sempre più leggere.

Dietro  i voli a prezzi stracciati di Ryanair spuntano contratti a partita IVA stipulati in Irlanda,  dove l’azienda paga meno tasse, con i quali si guadagna solo se si vola, ma senza alcuna garanzia, né ferie pagate e previdenza negata.   In Bangladesh  gli operai sono costretti a lavorare, in condizioni disumane, 13 ore al giorno per Zara, dove l’inviata di Report riesce ad acquistare una t-shirt a 2 euro, rispetto ad un prezzo imposto in negozio pari a 30.

Per  parlare di Amazon,  l’Espresso titola:  “Psicofarmaci, depressione, attacchi di panico: la vita da operaio di Amazon per essere veloce”.

E un dipendente, con contratto a termine, posta questa  testimonianza agghiacciante: “Ho imparato tante cose, ma lavoro molto pesante e ripetitivo con orari e turni che ti tolgono quasi la vita privata e non retribuito equamente rispetto ai sacrifici richiesti”.

Per svolgere oggi  qualsiasi lavoro, rispondente alle sfide di una società dinamica e competitiva, dovremmo disporre, in giuste dosi,  di  lucidità di pensiero, approccio corretto, motivazione, cultura, professionalità, pazienza, attenzione ed  energia.

Sembrerà strano, ma sono  qualità  che si conquistano solo  disponendo di tempo libero, l’unica condizione  che può dare ampio sfogo  all’ “ozio creativo”, come il sociologo De Masi  ama definire la   curiosità interiore, che appartiene ad ogni individuo.

Per  lavorare bene, occorre lavorare meno.  Non è vero  il contrario, come ci stanno facendo credere.

L’ozio creativo si nutre del

…..viaggiare, perché si possa entrare in contatto con le diversità del mondo,

….leggere, perché si possa aprire  la mente ad argomenti inesplorati,

….parlare,  perché si possano  affinare la capacità di ascolto -che  alimenta idee-  e di dialogo -che sostiene opinioni.

Nel “Libro della vita Jiddu Krishnamurti  scrive “Voi non potete imparare se non avete tempo libero, vale a dire tempo per voi stessi, tempo per ascoltare gli altri, tempo per indagare. Chi pensa il contrario,  sbaglia”

L’ auspicio  è che il Natale, tempo di pausa, di attesa e di contemplazione, possa ispirare ai grandi  della Terra , col pensiero rivolto a tutti quelli  che annaspano in un rapporto compulsivo con il lavoro  “veloce e pieno”,  una nuova filosofia di vita che “liberi tempo” per provare a difendere  le  libertà e i diritti di ciascuno e a respingere i ricatti della nuova schiavitù 2.0

BUONE  FESTE

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