Caro studente,
cosa ne pensi di più di un anno di buona-scuola? E’ cambiato qualcosa in questi mesi? E, se sì, in meglio o in peggio? E tu, come ti vedi?
Io sono sei mesi che non la vivo più. Ma ti penso. E come se ti penso! Sono fuori dal tunnel, finalmente! Ma tu sei lì e ci resterai ancora per molti anni.
Non riesco ad immaginarti fra dieci/quindici anni. O forse sì.
Penso che sarai molto lontano dall’Italia, se, nel frattempo, avrai studiato molto. Ti sarai tolto dai piedi, come ha auspicato il mancato ex-ministro della Repubblica Poletti, che invece, pur avendo studiato poco, è rimasto ancora tra noi. Ma in Italia funziona così! Purtroppo, dopo non essere riusciti a togliercelo dai piedi, ce ne siamo ritrovata addirittura un’altra, quella ministra dell’Istruzione che, come tanti altri che occupano posti in Parlamento, nemmeno uno straccio di diploma possiede. E pensare che per fare l’infermiere in ospedale, è richiesta la laurea!
Nei documenti programmatici della scuola, occupi un posto di primo piano. Le Indicazioni Nazionali- che hanno sostituito da tempo gli inattuali programmi- ti pongono al centro dell’azione educativa. Tutto ruota intorno a te, come è giusto che sia. I docenti progettano pensando ai tuoi diritti, ai tuoi bisogni, alle tue aspettative, ai tuoi talenti, da realizzare all’interno di contesti di apprendimento pregni di significato. Ognuno è diverso, ma tutti eguali, per affermare quel principio sacrosanto dell’uguaglianza delle opportunità, che si fonde inevitabilmente con l’altrettanto sacrosanto principio della “meritocrazia”.
Ma è proprio così?
Noi adulti ti stiamo raccontando che un giorno diventerai un bravo medico, un affermato avvocato, un famoso ingegnere se ti impegnerai nello studio. Con la formazione potrai farti spazio nella società, guadagnare il tuo posto e, facendo tesoro delle tue competenze, potrai vivere dignitosamente la tua vita, così come, da cittadino responsabile quale sarai, contribuire alla crescita della tua amata Nazione.
Tuttavia, con gli occhi spassionati di una sessantenne, di cui quaranta vissuti nel sistema formativo dapprima da docente e poi da dirigente, ciò che vedo in giro ci racconta un’altra storia.
Nei posti che contano, nelle Università solo per fare un esempio, ma anche nelle aule di giustizia, nelle cliniche universitarie, nelle aule del Parlamento, trionfa il familismo più sfrenato. Ce ne accorgiamo dai cognomi delle persone che “contano”, che sono sempre gli stessi. Internet ci dà una provvidenziale mano in tal senso. Basta digitare la parola curriculum seguito dal cognome e nome di un dirigente, di un prof. universitario, di un giudice, di un notaio, di un avvocato, di un presidente del Consiglio dei Ministri, per vedere crollare la certezza della “meritocrazia”. Per carità, magari saranno pure bravi, ma di sicuro hanno fruito di una corsia preferenziale, che non è da tutti avere.
Allora se le cose stanno così, è molto probabile che ti stiamo raccontando delle bugie, che non possiamo esimerci dal farlo, perché devi icrederci, nonostante tutto. Ti stiamo dicendo che devi continuare a studiare, ad impegnarti perché non si diventa competenti per gli altri o per ottenere buoni voti, ma per dotarsi degli strumenti giusti, quelli indispensabili per procurarsi un lavoro dignitoso. Ti stiamo dicendo che il tuo“ pezzo di carta” che incornicerai ed appenderai alla parete di casa è il prezzo che devi pagare per dotarti di quella lente d’ingrandimento che ti consentirà di scandagliare la realtà, sempre meno nazionale e sempre più planetaria, nella quale dovrai spendere il tuo biglietto formativo e di quelle chiavi giuste che ti spalancheranno le ambite porte del mondo del lavoro. Ti stiamo anche dicendo che il lavoro non sarà lo stesso per tutta la vita, of course! Questa è stata una prerogativa della nostra generazione, quella che ti ha rubato il futuro per intenderci!, che tu non potrai più utilizzare. Oggi il mondo corre veloce e brucia in fretta le conoscenze, richiede prestazioni sempre più performanti ed innovative e tu devi “imparare ad imparare” per non soccombere. Il posto fisso è già una chimera oggi, figuriamoci tra qualche anno!
Fino ad ieri, si sono svolti concorsi per tanti posti nella pubblica amministrazione, Oggi i concorsi pubblici quando ci sono, ci sono solo per quel cerchio magico…. gli amici, i figli degli amici o degli amici degli amici . Tutti gli altri potranno nutrire aspirazioni, ma a lavori subordinati camuffati da finte partite IVA, senza tutele, senza diritti, senza pensioni, senza dignità. Voucher è la parola magica, che ha fatto emergere tanto lavoro nero, dicono. In realtà, ha schiavizzato ed affamato tante persone che continuano a vivere sotto la soglia di povertà, costrette a lavorare in nero per le ore residue, sbarcando un lunario che non consente nemmeno di sopravvivere. Se poi sei del Sud, dovrai essere ancora più fortunato, perchè il lavoro potrai pure trovarlo in Italia, ma solo lontano da casa, laddove sarai costretto a scegliere se mangiare o pagare l’affitto. Se avrai avuto la fortuna di nascere in una famiglia benestante o di avere un nonno con la pensione e l’indennità di accompagnamento, potrai farti aiutare economicamente, ma la precarietà non ti consentirà di crearti una famiglia e di avere dei figli. Oggi i dati Istat ci restituiscono una Nazione tanto più vecchia e tanto meno prolifica. Già, senza lavoro e senza prospettive, non si va troppo lontano, non si progetta né si prova ad immaginare il proprio futuro. Si vive il presente.
Potrà succedere pure che dovrai cancellare parte del tuo curriculum se vorrai aspirare ad un posto di commesso in un negozio o di cameriere in un ristorante: capirai a tue spese che in giro non si vuole che si sappia che sei un ph Post. Doc. I datori di lavoro potrebbero essere intimoriti dalla tua cultura sfacciata e non assumerti, per eccesso di competenze.
Sì, serve studiare.
Ma solo se prenderai il primo aereo per non so dove e deciderai di non voltarti indietro.
Perché in Italia, serve essere ignoranti! Sì, hai letto bene! Ignoranti!
E ti dirò perché.
C’è un grande-fratello a cui conviene.
Quel qualcuno ha sottratto alla scuola importanti ore di insegnamento, a vantaggio di una maggiore quantità di tempo libero, reclamato a gran voce da tutti. Meno ore di matematica, di latino, di storia, di arte, di filosofia, di geografia, di italiano, di inglese. A cosa vuoi che servano-si sarà chiesto- in una società votata al potere dei consumi dei grandi centri commerciali e al soddisfacimento di importanti bisogni materiali, come il cellulare di ultima generazione o la Smart-TV.
Un’importante agenzia telefonica ci sta raccontando che non serve avere una fidanzata, ma 4 giga di traffico internet.
Vuoi che una società snella ed agile non baratti fidanzate con quattro giga di traffico? Allora può succedere che una scuola snella ed agile mandi in soffitta tante conoscenze perché ritenute superflue. Che te ne fai di Kant, di Calvino, della geometria e del latino di Lucrezio e Seneca, di un sapere arcaico, teorico ed astratto? Non è meglio l’alternanza scuola-lavoro, quella opportunità data agli studenti di incontrare il mondo delle imprese, piuttosto che perdere tempo con l’accumulo di nozioni obsolete? E che vuoi che sia se si va a cuocere patatine fritte al Mc Donald o a rilevare i numeri dei contatori per l’Enel, ma anche a pulire i bagni? Sempre meglio che stare ad ascoltare noiose lezioni, anche se si tratta di vero lavoro senza ricevere nulla in cambio. La Buona Scuola, che buona non è, si è inventata per te ore di lavoro gratuito, regolamentate sotto mentite spoglie di lavoro formativo, alimentando speranze ed illusioni.
D’altronde, tutti riconoscono che oggi l’apprendimento per conoscenze non serva più, perché queste ultime sono a portata di click.
Il mantra quotidiano, nella scuola, è “essere competenti”. Le competenze-chiave sono la nuova bibbia europea ed hanno mandato in soffitta la cultura, che sola tiene uniti i popoli e li lega, con la memoria storica, al loro passato e custodisce il senso di appartenenza ad una civiltà.
Cosa vuoi che sia se penserai che Crizia sia la marca di un profumo e Malcom X un giocatore del Lakers, se non conosci Canova o Fidia, se non distingui la poetica di Foscolo da quella di D’Annunzio, se ignori i principi della Costituzione e i valori che custodisce. Se tu, docente, ti azzardi a chiedere ad uno studente di memorizzare dei contenuti, stai pur certo che, se ti va bene, dovrai sopportare la reazione del genitore di turno che minaccerà di portarti in tribunale perché stai torturando ed umiliando inopportunamente il figlio. E stai pur certo che troverai dalla sua parte anche i decisori istituzionali, che racconteranno che la scuola che insegna a studiare a memoria è noiosa e non al passo con i tempi, la storicizzazione è roba del secolo scorso e che oggi c’è spazio solo per il presente. Al diavolo, la memoria ed il passato!
Ecco il volto della buona scuola, ecco la nuova scuola dell’ignoranza 2.0, una scuola che chiede di studiare sempre meno e che promuove anche con numerose insufficienze.
Lo scenario è poco confortante.
Ma a chi conviene una scuola così delineata?
Chi trae vantaggio dalla trasformazione della scuola italiana in un ottovolante da luna park in cui , tra discese e risalite, si fa tutto velocemente e male, per imparare poco o niente? E’ presto detto.
Si sa che è più facile governare un popolo ignorante, con poche conoscenze e con competenze acritiche, perché i cittadini e i lavoratori ignoranti si trasformano più facilmente in sudditi obbedienti, educati al vuoto, laddove l’assenza di una cassetta degli attrezzi culturale adeguata alla complessità del presente, trasforma gli uomini e le donne in analfabeti sociali e politici, sempre bisognosi di tutor. Tutto il resto, è noia, come diceva qualcuno!