Sono le 18:00 del 14 ottobre. Alla celebrazione della messa, nel piazzale ripulito ed asfaltato del Palazzo Venezia, tanta gente è accorsa; ragazzi e ragazze che hanno spalato fango, operai alla guida di ruspe e bob-cat che hanno liberato negozi e garage da detriti alti come montagne, donne che hanno preparato e distribuito pasti. Ma anche persone che, in silenzio, hanno ospitato sfollati o partecipato alla raccolta di fondi. Sono qui, in tanti. Perché? Lo sappiamo, tutti: per quel senso di appartenenza alla comunità, che si sta risollevando dal disastro. Poco con l’aiuto delle Istituzioni, molto con la forza di volontà, per rialzarsi e provare a buttare il passato dietro le spalle. Oggi non c’è tristezza. E’ un anniversario di festa. Prima è d’obbligo la riflessione cristiana, per quanti ci credono. E don Alfonso, il nostro parroco in prima linea nei soccorsi, ci ricorda che non siamo padroni della Terra, che il Creato è opera del Signore e, come tale, deve essere amato e custodito. Le uniche colpe dei disastri non possono che essere addebitate agli umani. E’ vero. Ci vuole rispetto, in ogni forma di vita. E -mentre don Alfonso parla- lo sguardo si alza verso il tramonto e cade sugli alberi che costeggiano il costone, che ancora non è stato messo in sicurezza.E’ di una bellezza disarmante, che lascia intravedere il belvedere sullo strapiombo, ancora in bilico sulla scarpata. Sembra ricordarci le nostre esistenze, altrettanto precarie. E poi lo sguardo va giù e si posa sul marmo del marciapiede. Qui evidenti sono i morsi delle ruspe che hanno divorato pezzi di marmo, nel rimuovere i detriti. Sul muro di fronte, qualcuno ha lasciato due impronte di mani sporche di fango, a ricordarci che tutto sembra come prima, ma che nulla è più come prima. I segni, a volte più evidenti, altre volte nascosti dentro di noi, ci sono, per chi vuole vederli! E’ un piacere stasera sostare in questo luogo di rinascita.
C’è appartenenza, allegria, tanta familiarità: si fanno chiacchiere, si ride e si scherza, i bambini giocano a rincorrersi; quasi nessuno ha il cellulare in mano. Si mangia e tutti fanno a gara per servire vassoi pieni di prelibatezze. Per scacciare via le sofferenze, il dolore, la rabbia, l’angoscia, la solitudine, le perdite di beni materiali. Per fortuna non ci sono state vittime e tutti ora sono rientrati nelle proprie case, anche se non tutto è sistemato. Ma a questo si porrà rimedio. Con fierezza ed operosità. La torta e lo spumante suggellano la festa. Pronti a ripartire.